STRAGE BORSELLINO.
“Dal 2007 vengo qui in via d’Amelio per impedire che ipocrite esternazioni e dichiarazioni di rappresentanti delle Istituzioni e le loro corone di alloro. Li vedevo come avvoltoi che venivano su luogo strage per assicurarsi che Paolo fosse veramente morto e per mettere il sigillo sulla sua tomba”. A dirlo all’Adnkronos è Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, il giudice antimafia ucciso da Cosa nostra nella strage di via d’Amelio.
“Oggi le Istituzioni non vengono più – ha aggiunto -, hanno paura di un’agenda rossa sollevata in alto, forse perché ricorda loro un peccato quasi originale di questi ultimi 30 anni della nostra Repubblica. Vengono il 23 maggio quando sanno che non siamo qui con le nostre agende rosse”.
“Io sono convinto che non riuscirò a veder la verità, ma non importa. L’importante è che la vedano i giovani, a cui mi rivolgo. Sono sicuro che loro riusciranno a cambiare le cose. I giovani faranno sparire questo incubo che è la mafia. Per avere la verità sulle stragi ci vorrebbe quel pentito di Stato che purtroppo è certo non ci sarà mai. Arrivare alla verità sarà estremamente difficile ma ci arriveremo, ci dobbiamo arrivare, non possiamo perdere la speranza”.
“Io non solo mi sono sentito abbandonato dalle Istituzioni, ma sono stato attaccato più volte. Ricordo ancora quando Napolitano durante un convegno dell’Anm a Palermo disse, facendo una dichiarazione, che i familiari di Paolo per lui erano i figli e la moglie, quasi a voler escludere me e mia sorella”, afferma Salvatore Borsellino: “Napolitano per me è il garante del silenzio della Trattativa Stato-mafia. Napolitano ha fatto distruggere delle intercettazioni che invece avrebbe dovuto pretendere fossero conosciute da tutti gli italiani – ha sottolineato il fratello del giudice antimafia ucciso nella strage di via d’Amelio – perché nessuno possa avere il dubbio che il rappresentante della più alta Istituzione italiana possa avere assicurato l’impunità a Mancino. Avrebbe dovuto pretendere che quelle intercettazioni fossero ascoltate da tutti”.
Capitano Ultimo: “E’ stato lasciato solo come Falcone, li portiamo nel cuore”
“19 luglio 1992, la mafia di Riina uccide Paolo Borsellino e 5 Agenti della scorta. Oggi nessuno parla di quelli che lo hanno lasciato solo e di quelli che avevano il dovere di proteggerlo e non lo hanno fatto. Come per Falcone. Li portiamo nel cuore”. Lo scrive su Facebook il colonnello Sergio De Caprio, alias ‘Capitano Ultimo’.