Oggi tutti parlano dell’Afghanistan…

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Tanti commenti (forse anche troppi) sulla tragica vicenda dell’Afghanistan, tanti commenti che è difficile ”scegliere” per comunicarli tutti ai lettori.

Commenti e parole non fanno storia se mancano i fatti. **

Khaled Hosseini.

Londra. Il presidente americano Joe Biden non ha mostrato alcuna empatia per gli afghani. A dirlo alla Bbc è lo scrittore afghano Khaled Hosseini. Nel suo discorso di ieri, Biden non ha offerto nessuna “empatia verso i milioni di afghani che gli americani hanno considerato partner per 20 anni, che sono stati lasciati indietro e dovranno difendersi da soli e affrontare la non invidiabile realtà di vivere sotto un regime che ha provato di essere estremamente brutale negli anni novanta”, ha affermato l’autore de “Il cacciatore di aquiloni”. Nato a Kabul e poi emigrato negli Stati Uniti negli anni ottanta, Hosseini ha sottolineato che malgrado tutto negli ultimi 20 anni vi sono stati “significativi progressi e risultati” in Afghanistan, specie per le donne. Milioni di ragazze hanno potuto studiare, vi sono state donne deputato e capo della polizia, ma ora non sappiamo cosa succederà, ha commentato.

Frank-Walter Steinmeier:

Berlino. “Questi giorni stiamo vivendo una tragedia umana di cui siamo corresponsabili”. Lo ha detto il presidente tedesco, Frank-Walter Steinmeier, secondo il quale l’ascesa dei Talebani in Afghanistan avrà “conseguenze” a lungo termine per la politica mondiale e la Germania deve fare tutto il possibile per portare in salvo i connazionali e gli afghani che hanno collaborato negli anni con la missione in Afghanistan. Secondo Steinmeier, “il fallimento dei nostri sforzi negli anni in Afghanistan per costruire una politica stabile e fattibile pone interrogativi fondamentali per il passato e il futuro della nostra politica estera e del nostro impegno militare” e ci sono “domande amare” che hanno bisogno di risposte da parte di tutti i Paesi occidentali “perché senza questa alleanza e solidarietà nell’alleanza non saremmo andati in Afghanistan 20 anni fa”. “Insieme ai nostri alleati dobbiamo cercare il modo di aiutare anche coloro che ora sono minacciati – ha detto ancora – Le immagini di disperazione all’aeroporto di Kabul sono vergognose per il mondo politico dell’Occidente. A maggior ragione dobbiamo stare dalla parte di coloro che sono compromessi, per il loro lavoro e il sostegno alle missioni”.

Mikhail Gorbaciov:

Mosca. Mikhail Gorbaciov, che come segretario del Pcus nel 1989 ordinò il ritiro delle forze sovietiche dall’Afghanistan, critica “l’invasione americana” del Paese che, sottolinea, “fin dall’inizio fu una pessima idea”. “Il fallimento avrebbe dovuto essere ammesso prima. Ora è importante imparare da quello che è successo e almeno non ripetere tali errori”, ha aggiunto in una intervista a Ria Novosti.

Ziauddin Yousafzai:

Londra. I talebani “sono l’antitesi della civiltà umana”. A dirlo oggi alla Bbc è Ziauddin Yousafzai, padre della premio Nobel Malala, secondo il quale la presa talebana di Kabul è “il giorno più nero per la civiltà umana”. “Abbiamo un’esperienza dell’ideologia dei talebani e sappiamo chi sono. Dicono di essere cambiati, non lo sappiamo. I talebani che conosciamo sono l’antitesi della civiltà umana”, ha detto il padre dell’attivista pachistana per il diritto all’istruzione delle bambine. Ziauddin Yousafzai ha criticato il modo in cui si sono ritirate le truppe occidentali. “Non sono arrabbiato che si siano ritirati – ha spiegato – un paese deve avere il proprio esercito, la propria gente che difende la democrazia, i diritti umani. Sono però veramente arrabbiato per il modo in cui si sono ritirati dall’Afghanistan”.

Matteo Renzi:

Roma. “Se non affrontiamo oggi l’emergenza afghana ce la ritroveremo tra 5-10 anni sotto forma, nel migliore dei casi, di immigrazione incontrollata; nel peggiore dei casi, di terrorismo. La Nato deve ripensare profondamente se stessa: quando Emmanuel Macron due anni ha definito le condizioni dell’Alleanza atlantica di un paziente con morte cerebrale purtroppo aveva ragione. I nostri amici degli Stati Uniti, verso i quali abbiamo un debito di gratitudine enorme, senza gli Stati Uniti l’Europa oggi sarebbe nelle mani della terza generazione del Terzo Reich, debbono riflettere su se stessi”. Lo ha affermato Matteo Renzi, nel corso di una diretta Facebook dal suo ufficio al Senato. “Ieri le parole del Presidente Biden -ha aggiunto l’ex premier- sono state per certi aspetti molto importanti, anche se io nel mio piccolo non le condivido. Ha spiegato che si volta pagina: ho una grande amicizia per il Presidente Joe Biden, ma penso che le vera amicizia sia dire anche quando le cose non vanno. Penso che gli americani abbiano sbagliato, nel ritiro, ma anche nei tempi e nei modi con i quali questo si è realizzato”. “L’America deve decidere cosa fare da grande: noi siamo abituati a vedere l’America, indipendentemente dal nome del Presidente, come a un faro di libertà, a un guardiano di civiltà, un punto di riferimento assoluto nella lotta per i nostri valori. Che tipo di secolo sarà il ventunesimo -si è chiesto Renzi- se gli americani si disimpegnano con questa facilità?”.

Claudio Martelli:

Roma. L’ex vicepresidente del consiglio Claudio Martelli commenta su Avanti, di cui è direttore, la vicenda Afgana. “Noi, italiani ed europei, detentori di un’ambigua potenza celata nell’ombra di sicurezza garantita dall’America, combattenti sempre riluttanti e a metà -scrive l’ex ministro della giustizia- non abbiamo titolo per ergerci a giudici severi e censori degli errori americani, non dimeno per rispetto della verità e per onorare i nostri morti abbiamo insieme il dovere della lealtà e della verità”. Claudio Martelli parla del rinvio della ritirata americana dall’Afghanistan, inizialmente prevista per maggio, e differita dal nuovo presidente Biden all’11 settembre. “Probabilmente scopo della dilazione era quello di avere più tempo per organizzare il disimpegno e l’evacuazione in modo ordinato e per ottenere dai talebani al tavolo dei negoziati di Doha garanzie di una pacifica transizione di poteri – ‘neanche un morto americano!’ era infatti il suo imperativo. Il calcolo si è rivelato drammaticamente sbagliato e l’annuncio, sia dai talebani sia e ancor più dagli afghani, dagli americani stessi e dagli uomini della coalizione è stato interpretato per quello che effettivamente era: una resa senza condizioni”. “Che cosa resterà di tutto quello che hanno significato questi venti anni, dell’impegno, del lavoro, dei sacrifici fatti da tanti italiani, militari e civili e, più in generale, che cosa resterà di tutto quello fatto in Afghanistan dall’Europa, dalla Nato, dagli Usa? – si chiede Martelli- Penso alla possibilità per quanto remota e impraticabile oggi possa apparire di mantenere un contatto e una relazione con il popolo afgano, di non lasciare che vengano estirpati senza resistenza i semi di libertà, di democrazia, di tolleranza, di umanità che sono stati piantati. Sono sicuro che tra i profughi questa sarà un’idea condivisa, e se sarà anche la nostra idea, se animerà una comune volontà di agire nelle forme e nei modi possibili per non lasciare inaridire i semi piantati allora qualcosa, forse il meglio, di questa esperienza e dei tanti sacrifici che è costata resterà né inutile né vana nelle loro e nelle nostre menti e nei loro e nei nostri cuori”.

(AdnKronos)

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