“Non posso salvami da solo”: Antonio Ortoleva e la memoria ritrovata

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Di Salvo Barbagallo

Antonio Ortoleva, giornalista di lungo corso e di ampia esperienza, siciliano doc racconta la storia di un giovane siciliano – Giovanni Ortoleva – che negli anni bui dell’occupazione nazifascista “italiana”, da campagnolo nella lontana isolana Isnello conclude la sua esistenza da partigiano al nord, nel Biellese, a Salussola. “Non posso salvarmi da solo”, il titolo dell’ultimo libro di Antonio Ortoleva: un percorso nei meandri del tempo che molti non vogliono ricordare, che tanti altri a tutt’oggi – da una parte e dall’altra – strumentalizzano con disinvoltura, e che la maggior parte sicuramente non ha vissuto e quindi, necessariamente, se vuol conoscere deve accontentarsi delle storiografie reperibili sul mercato. Storiografie, purtroppo e quasi sempre, a “senso unico” dove a fatica si possono scoprire le “certezze”.

“Non posso salvarmi da solo” è stato definito un “reportage nella memoria”: a nostro avviso è una definizione riduttiva. Questo libro è più di un “reportage”. Antonio Ortoleva va oltre la sfera del giornalismo: “racconta” da scrittore una vicenda umana che si snoda in un contesto colmo di chiaroscuri dove le nebbie ancora non sono completamente dissolte e tante ombre permangono.

Antonio Ortoleva non cerca di scoprire misteri di Sicilia, ma si muove quasi da “cronista di un passato” che si è dimenticato e che certamente è sconosciuto alle generazioni che si affacciano alla vita: racconta fatti e personaggi che hanno animato la Sicilia di un periodo controverso, racconta di un ragazzo – Giovanni, chiamato Jacon da partigiano – che diventa adulto in breve tempo, andando dalle Madonie al Piemonte. Un giovane che deve fare delle scelte e dopo averle fatte, a conclusione, paga con la vita. Uomini contro, della stessa terra nella stessa terra: chi da una parte, chi dall’altra: alla fine prevalgono le “etichette”, ma le verità dei principi restano incontestabili.

“Non posso salvarmi da solo” non può (o non dovrebbe) considerarsi un agiografia della Resistenza: per come l’abbiamo letto questo volume narra di Uomini che hanno creduto in “qualcosa”, e questo “qualcosa” li ha accomunati. Da questo “qualcosa” – lotta alla dittatura, desiderio di libertà, volontà di democrazia – è nata quell’Italia uscita disastrosamente da una guerra che non voleva. Quell’Italia che anche adesso si batte contro impossibili ritorni.

Noi abbiamo voluto cogliere un significato in questo libro nella contrapposizione di due personaggi, entrambi Siciliani: uno “militare nero”, l’altro “militare partigiano”, entrambi contrapposti, entrambi ad una svolta decisiva. Il primo in posizione preminente cerca di conservare la vita all’altro proponendogli, unica soluzione possibile, di aggregarsi ai fascisti; Jacon catturato con altri 20 compagni, che risponde “Ho deciso di non tradire, non posso salvarmi da solo”. Jacon e gli altri finiranno trucidati. Ecco, Uomini, Fratelli della stessa Terra, posti l’uno contro l’altro a causa di eventi più grandi di loro, ognuno convinto delle proprie ragioni e dei propri doveri.

Vorremmo chiedere a Antonio e a Jacon Ortoleva: la “lezione” del passato è servita a “qualcosa”?…

 “Non posso salvarmi da solo” sarà presentato oggi alle ore 18 a Catania nel Chiostro Cgil: discuteranno con l’Autore Adriana Laudani, presidente associazione “Memoria e Futuro”, Aldo Mannino, segretario generale Cgil Sicilia, Marcello Catanzaro sindaco di Isnello, moderati da Pino Paiella, responsabile Legalità Cgil Catania.

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