Atanasio Giuseppe Elia esplora “l’inquietudine”

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Dipinto di Atanasio Giuseppe Elia “Silenzi” acrilico e olio su tela 70 X 100 cm.

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Di Giuseppe Firrincieli

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Il nostro Tour, alla scoperta dell’arte della pittura, in Sicilia, continua. Oggi, ci troviamo a San Cataldo, San Catallu per i siciliani, una cittadina al centro dell’Isola, collocata nel comprensorio delle antiche miniere di zolfo e fondata dal principe Nicolò Galletti nel 1607. San Cataldo, per la forte devozione dei suoi abitanti, prese  il nome del Patrono del Paese, vescovo irlandese morto durante il suo pellegrinaggio verso la Terra Santa. 

A San Cataldo, andiamo a scoprire un dipinto che esprime una espressività  eclettica, ma chiara e profonda. Non è certo un revival alla celebre pellicola “Colazione da Tiffany”, ma tratta assomiglianti spunti di richiami a “Silenzi” di  esitazione.

Il silenzio è una forma di comunicazione universale, come l’espressività, la postura, l’atteggiamento, lo sguardo e la posizione delle mani. Le mani? Si le mani! E proprio il modo di porle esprime tantissimo. Le mani sanno parlare ed Atanasio Giuseppe Elia, mediante le stesse, esprime  nel suo dipinto l’animo di due sembianze offuscate, ma pronte a volere esprimere dialoghi, in un tono quasi impenetrabile per i silenzi espressi, con accenti  suggestivi, nel caso, al contrario di un raggelato e vendicativo Putin.

Le sinuosità degli organi tattili manifestano, sì, accenti  preoccupanti, ma tanta voglia di affrontare le incognite della vita, davanti ad una tazzina di caffè e ad un bicchiere di vino. Per carità non è la monotona osservazione di due amici ad un tavolinetto del bar, ma trattasi di un dialogo che incuriosisce parecchio, fra due persone, col volto adombrato, sedute al tavolo di casa ad una distanza prossemica. Anche i segni illuminati della porta parlano, come a voler dire: “da qui si entra, ma si esce anche”. Il barlume della finestra, in fondo, esalta lo splendore di due cipressi che danno molto all’espressività del dipinto, tanto che ci portano ad imbatterci persino con Ciparisso, il giovane di eccezionale bellezza, prediletto del dio Apollo che divenne l’albero simbolo della morte, ma anche e soprattutto dell’immortalità dell’anima. Ma torniamo con i piedi per terra, il maestro Atanasio, autore del dipinto, entra pienamente nel Surrealismo, movimento di Avanguardia francese che nacque nel 1920 in Francia ed ebbe  vasta diffusione internazionale nel periodo tra le due guerre mondiali, estendendo la sua influenza dal campo letterario a quello artistico, al teatro, al cinema. André Bretón definì il Surrealismo come un automatismo psichico puro col quale esprimere, in qualsiasi modo, il funzionamento reale del pensiero, al di fuori di ogni preoccupazione estetica e morale.

Il movimento, al proprio esordio, intendeva unire il “Cambiare la Vita” di Rimbaud con il “Trasformare il  Mondo” di Marx, mediante libere associazioni. Nell’arte surrealista emergono pittori come Max Ernst, che si immerge nella Psiconalisi. Prende piede una disciplina che esalta il comportamento sociale e che studia le gestualità e il posizionarsi dell’uomo nello spazio sociale. E proprio Atanasio Giuseppe Elia, l’autore, nel dipinto, esalta il linguaggio delle mani protagoniste nella loro flessuosa rappresentazione. Ammirando persino il linguaggio di forme virtuali e fisiche, ove lo sguardo viene attratto da nuove prospettive, come se fossero ricerche fotografiche (così definite da Gillo Dorfles, esponente del Movimento dell’arte Concreta), l’Elia penetra, alla grande, la vena del famoso pittore lombardo Franco Grignani, con la esaltazione dei procedimenti percettivi, elaborando fotogrammi, fotomontaggi ed infine, tuffandosi nei viluppi della “psicologia della forma”.

Giovanna Cappuzzello, esperta recensionista, sul dipinto “Silenzi”,  dice:

“Due commensali sono seduti in una tavola sobriamente apparecchiata con una tovaglia bianchissima che spicca e contrasta nel buio della stanza. Di loro si scorgono solo le braccia e le mani, che si allungano verso le due tazzine di caffè. Sembra mancare una terza sagoma dinnanzi alla chicchera, sistemata  al centro tra le altre due. I corpi, dall’abbigliamento maschile, sono quasi impercettibili e avvolti nell’impenetrabile alone di uno sfondo scurissimo, come se provenissero dal labirinto dei sogni più cupi per lasciare solo la vaga impronta di un dettaglio identificativo. Osservando l’opera, il fruitore si sente immerso in una strana atmosfera onirica, ove incombe un senso di solitudine interiore e di profonda incomunicabilità tra persone della stessa famiglia, sedute ai lati del desco, davanti ad un bicchiere di vino. E se il filino di luce che passa attraverso la porta è troppo tenue per rischiarare il loro incontro, i cipressi che si scorgono dalla finestrella, posta nella parte di destra, rappresentano l’espediente figurativo e simbolico, usato dall’artista per sancire la morte del dialogo tra anime incompatibili”.  

Atanasio Giuseppe Elia, artista contemporaneo e siciliano di adozione, ci racconta:

Sono nato, nel 1945 a Patrasso (Grecia). Da bambino arrivo con la mia famiglia  in Sicilia, a Comiso, dove a quattordici anni avviene il mio primo incontro con l’arte, nello studio del maestro Gioacchino Di Stefano e all’approccio delle sue prime considerazioni sulla pittura contemporanea. Nella cittadina  casmenea  ho intrapreso gli studi artistici e ho curato la mia prima formazione presso l’Istituto Statale d’Arte, con i maestri Germano Belletti e Biagio Brancato. Ho frequentato, anche se per breve tempo, lo studio dello scultore Giuseppe Micieli. Nel 1964 insegno Discipline Pittoriche all’Istituto Statale d’Arte “F. Juvara” di San Cataldo, nel nisseno, e dal 1978 al 2004 ne divento Dirigente Scolastico. Sono stato uno dei fondatori della Galleria “Bottega d’Arte Ippari” e faccio parte del Collettivo B.A.I. di Comiso. Dal 1963 ho partecipato a  numerose e significative rassegne nazionali ed internazionali, con svariate mostre personali. Mie opere si trovano presso collezioni pubbliche e sono stato designato come uno dei vincitori del Concorso Nazionale indetto dal Comune di Comiso per le otto opere d’Arte da collocare presso l’aeroporto “Pio La Torre” .

Tra le mostre da ricordare: nel 2012 a Siracusa alla Galleria d’Arte “SPAZIO 30”, Bipersonale  con Luigi Galofaro, a cura di M. Tortolici  dal titolo “Condivisione 2”. Nello stesso anno Collettivo BAI Comiso. Nel 2014  a Novara, Palazzo Renzo Piano, Bipersonale con Claudio De Luca Sek, a cura di V. Scardigno, dal titolo “Tra luci e colori”. Nel 2013 all’esposizione permanente presso il museo d’Arte Contemporanea “MUDAC” di Floridia. Nel 2014 una mia opera viene inserita nell’esposizione permanente del museo d’Arte Contemporanea di San Pietro a Maida “Museo MARTE”. Nello stesso anno partecipo alla mostra “Dal Salso all’ Aretusa fertilità visive” a cura di D. Gulizia – “Palazzo Moncada” di Caltanissetta. Nel 2016 alla mostra del decennale del Collettivo BAI 2006 – 2016 – Sala Mostre ex Pinacoteca Comunale di Comiso. Nello stesso anno alla Mostra d’Arte Contemporanea “invisibile” a cura di F.Spena, Museo Diocesano del seminario Vescovile – Caltanissetta; Mostra Collettiva “Minima…azioni  contemporanee” a cura di A. Vitale, G.Susan, F. Piazza, Galleria Regionale di Palazzo Bellomo “SAC – Sant’Agostino Contemporanea”, Siracusa; Mostra Collettiva, “SFACCIATI” a cura di A Guastella, Palazzo Zacco – Ragusa. Nel 2017 alla mostra “Tributo a Salvatore Fiume” – Vent’Anni Dopo 1997 / 2017” Sala   Mostre  ex  Pinacoteca Comunale, Comiso.Nei mesi di Dicembre e Gennaio 2017/2018 alla Mostra “Maestranze”- Collettiva artisti per Biagio Brancato a cura dell’Associazione Culturale “ Ippos ”- Saloni  Castello dei  Naselli  D’Aragona – Comiso. Nello stesso periodo alla mostra “UN SALTO NEL’ARTE” – Il Collettivo BAI in terra di Germania” Galleria creARTE a Wolfsburg- Germany.  Nel 2019 alla Mostra d’Arte Sacra Contemporanea “LUCE da LUCE” a cura di A. G. Elia – Sala espositiva Chiesa Santa Maria di Nazareth –San Cataldo (CL). Nel 2021 al Premio Nazionale d’Arte Città di Novara a cura di V. Scardigno – Sale del Castello. Ha partecipato alle ultime edizioni di “Artisti Iblei” per San Giovanni – Palazzo Garofalo – Ragusa. Vive e lavora San Cataldo”.

Non posso fare a meno di citare un’ode alla pace e al dipinto del Maestro Atanasio Giuseppe Elia:

Ragione e Anima – Dissidio del giorno

Di Giuseppe dei Firrincieli

“Una sigaretta appena accesa,

l’ennesima.

Io prostrato, stanco,

davanti a me, una tazzina di caffè

ed un bicchiere di vino.

Le mie mani sono ferme, ma frementi,

l’ energia mi invita a reagire, o …

meglio dare ascolto alla logica?

Ragione e anima, in guerra fra loro.

Che frenetico contrasto:

la porta è lì, alle mie spalle.

Voglia di andar via o tornare al dialogo

E chiudere il passato? Eh no!

L’anima deve rimanere al suo posto …

Cosa pagherei per non pensare:

  • Dai bevi! Non odiare il mondo,

mi suggerisce la Ragione.

  • No, tu devi stare zitta! ( dice l’ Anima).

Non voglio distruggere e distruggermi.

Ma sarà la fine! … Cosa pagherei per non pensare:

(Ragione)

  • Gli hai fatto odiare il mondo

e adesso accendi la miccia per annientarlo.

(Anima)

-Si, il fascino della fierezza mi inorgoglisce.

(Ragione)

  • Non farti sacrificare da questa brutta Anima

Che è in te e con me.

E tu? Che emani soltanto

Fantasie sognanti di ore sconosciute,

aspide velenosa ed illogica,

insìdi un uomo che vuole pur vivere!

(Anima)

– Ma quali turbe vuoi sedare

se continui a sfidarmi e a darmi torto.

(Ragione)

  •  basta bruciare intorno!

Vincono forse le ragioni dell’Anima

sugli imperativi della Ragione, del Senno?”.

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