Ventisette in tutto gli indagati
Le mani dei boss sui compro oro.
Dalle prime ore di questa mattina i finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria, in collaborazione con il Comando provinciale di Palermo, stanno eseguendo cinque misure cautelari a carico di altrettanti indagati, accusati di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, riciclaggio, ricettazione ed estorsione aggravati.
I provvedimenti sono stati emessi dal gip del capoluogo siciliano su richiesta della locale Direzione distrettuale antimafia. Disposto anche il sequestro di 5 imprese attive nel settore del commercio dell’oro, nonché di somme di denaro, oro, disponibilità finanziarie, beni mobili registrati, immobili e aziende nella disponibilità di 27 indagati, fino alla concorrenza di circa 5 milioni di euro.
L’attività investigativa, coordinata dalla Dda di Palermo e condotta attraverso l’approfondimento di segnalazioni di operazioni sospette, corroborate da riscontri e dalle dichiarazioni di collaboratori di giustizia, avrebbe fatto luce su meccanismo di riciclaggio di oro messo in atto da una società palermitana che, sulla base delle direttive impartite dal mandamento mafioso di Porta Nuova a Palermo, avrebbe agito da collettore di grandi quantità di materiale prezioso raccolte nel territorio di riferimento sia da ladri/rapinatori sia dai relativi ricettatori.
L’oro proveniente da furti e rapine veniva prima fuso e poi consegnato in lingotti agli imprenditori compiacenti. Così i boss di Porta Nuova a Palermo facevano affari, imponendo un controllo capillare sulle attività di riciclaggio e ricettazione dei metalli preziosi provento di furti. E’ quanto emerge dall’indagine dei finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria, che, in collaborazione con il Comando provinciale di Palermo, hanno eseguito stamani cinque misure cautelari a carico di altrettanti indagati, accusati di concorso esterno in associazione di stampo mafioso, riciclaggio, ricettazione ed estorsione aggravati.
L’oro, acquistato in totale omissione degli obblighi antiriciclaggio, fiscali e di pubblica sicurezza e con la presunta consapevolezza della sua origine delittuosa (furti e rapine), in una prima fase sarebbe stato sottoposto a un processo di fusione per essere poi ceduto ad altri operatori del settore sotto forma di lingotti/verghe. “Successivamente, per ridurre i rischi e di dare una parvenza di legalità alle grandi quantità di oro movimentato – spiegano gli investigatori delle Fiamme gialle -, gli imprenditori si sarebbero serviti di esercenti l’attività di ‘compro oro’, rispetto ai quali sarebbero emersi gravi indizi di reato in ordine all’emissione di false fatture di vendita”.