Maxi operazione antimafia Polizia e Carabinieri a Palermo: 31 arresti

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Maxi operazione antimafia a Palermo. La Polizia di Stato e l’Arma dei carabinieri, su delega della Direzione distrettuale antimafia del capoluogo siciliano, hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 31 indagati (di cui 29 in carcere e 2 agli arresti domiciliari). Sono accusati, a vario titolo, di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi, favoreggiamento personale ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. “L’ordinanza segna l’epilogo di una fase operativa già avviata lo scorso 20 luglio – spiegano gli investigatori -, attraverso l’esecuzione del decreto di fermo di indiziato di delitto emesso dalla Dda di Palermo a carico di numerosi indagati per associazione per delinquere di stampo mafioso ed estorsione aggravata”. 

Il troncone di indagini, condotte dalla Squadra mobile di Palermo e dal Servizio centrale operativo e scattate nel 2019, ha ricostruito l’organigramma del mandamento di Brancaccio e delle famiglie di Corso dei Mille e Roccella, identificando 26 tra vertici, gregari e soldati. Le misure cautelari, personali e reali, sono state eseguite, oltre che a Palermo anche a Reggio Calabria, Alessandria e Genova. L’attività investigativa sviluppata dai carabinieri del Nucleo Investigativo di Palermo, invece, ha colpito la famiglia di Ciaculli. Cinque in tutto le ordinanze di custodia cautelare in carcere eseguite dai militari a carico di altrettanti indagati ritenuti direttamente legati ai vertici del mandamento, Giuseppe Greco e Ignazio Ingrassia, già arrestati nell’ambito dell’operazione ‘Stirpe’ dello scorso 20 luglio. Per gli investigatori dell’Arma sarebbero stati in grado di coadiuvare i due boss nella gestione del mandamento e delle attività illecite che alimentavano le casse della famiglia. Nell’ambito dell’operazione è scattato anche il sequestro per intestazione fittizia di imprese ed esercizi commerciali, tra i quali una rivendita di prodotti ittici, due di caffè e tre agenzie di scommesse. 

Pizzo a tappeto. Dall’imprenditore edile al venditore ambulante abusivo nessuno sfuggiva alle richieste degli esattori di Cosa nostra nel territorio del mandamento di Brancaccio, a Palermo. E’ quanto emerge dall’operazione di Polizia di Stato e Arma dei Carabinieri che hanno dato esecuzione all’alba a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del capoluogo siciliano su richiesta della Dda, nei confronti di 31 indagati (di cui 29 in carcere e 2 agli arresti domiciliari), accusati, a vario titolo, di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, detenzione e produzione di stupefacenti, detenzione di armi, favoreggiamento personale ed estorsione con l’aggravante del metodo mafioso. 

Cinquanta gli episodi estorsivi documentati segno dell’asfissiante controllo del territorio esercitato da Cosa nostra. “Le attività produttive della zona sono sempre oggetto di attenzione dell’articolazione mafiosa e molti esercenti, dal piccolo ambulante abusivo fino all’operatore della grande distribuzione, sono soggetti alla pretesa del pizzo quando non addirittura costretti, ab origine, a chiedere l’autorizzazione prima di avviare i lavori o ad assumere dipendenti dettati dal gruppo criminale” spiegano gli investigatori. Accade così che un imprenditore edile, intenzionato ad acquistare un terreno per costruirvi appartamenti e consapevole di doversi assoggettare alle pretese mafiose per poter realizzare le costruzioni senza incorrere in furti, rapine o danneggiamenti, abbia deciso di rivolgersi al boss per ottenerne la protezione. 

Le pretese estorsive non hanno risparmiato nemmeno un venditore di sfincione (tipico prodotto della gastronomia palermitana). Dopo aver subito il danneggiamento con l’attack della saracinesca del laboratorio era stato lui stesso a presentarsi a uno degli indagati per mettersi a posto. Esattori del racket senza scrupoli e sempre più sfrontati, tanto da effettuare un ‘sopralluogo ‘ anche in un cantiere edile sorto nelle immediate vicinanze del commissariato di Polizia finalizzato alla successiva eventuale richiesta estorsiva. 

Estorsioni e non solo. Per alimentare le casse di Cosa nostra e mantenere le famiglie dei detenuti i boss di Brancaccio puntavano al traffico di droga. Il maxi blitz antimafia di polizia e carabinieri, che all’alba di oggi ha portato a 31 arresti tra vertici, gregari e soldati del mandamento, ancora una volta testimonia come la droga resti “un’importante voce di arricchimento illecito”. Le sei piazze di spaccio del quartiere Sperone, tutte direttamente gestite o, comunque, controllate dagli indagati, garantivano un vero e proprio tesoretto: circa 80mila euro a settimana. 

Nel corso delle indagini sono stati eseguiti 16 arresti in flagranza per detenzione di sostanza stupefacente e sequestrati circa 80 chili di droga tra cocaina, purissima ancora da tagliare, hashish e marijuana per un valore sul mercato di oltre 8.000.000 di euro. A garantire il rifornimento di parte della droga erano due calabresi, tra i destinatari delle misure cautelari eseguite oggi. 

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