… E se i Siciliani, presi dal caldo, chiedessero armi alla Russia, a Putin, in nome dell’indipendenza dell’Isola? Ipotesi improbabile, ma siamo in un giugno con 38/40 gradi oscillanti, quindi le divagazioni estive in fin dei conti non fanno male a nessuno, semmai possono stuzzicare un po’ la fantasia.
Nostalgici fuori del tempo giorni addietro, come ogni anno. hanno ricordato Antonio Canepa, il professore-guerrigliero mito del “separatismo” siciliano caduto in quel di Randazzo il 17 giugno del lontano 1945 crivellato da colpi sconosciuti, che qualcuno ritiene scaturite da “fuoco amico”. Si ricorda ancora quel leader poiché, a quel che storicamente risulta, da allora è mancata una figura che tale potesse essere considerata.
L’indipendenza della Sicilia: un sogno accarezzato da molti siciliani da decenni, da secoli prima che Garibaldi si adoperasse per fare un’Italia “unita”. Un “sogno” che periodicamente si è riproposto ogni qual volta qualche potenza straniera lo ha alimentato per propri interessi, usandolo come efficace strumento di pressione internazionale, per poi farlo cadere nel nulla.
Storia controversa e contraddittoria, quella della “Sicilia ai Siciliani”. Basterebbe ricordare eventi non tanto lontani, quelli che caratterizzarono alcuni periodi degli Anni Settanta, quando si disse (anche queste leggende metropolitane?) che il vicino “dittatore” Muammar El Gheddafi favorisse con aiuti economici e militari un nuovo movimento armato separatista, al quale si contrappose immediatamente un altro movimento caratterizzato dalla bandiere a Stelle e Strisce. Certamente, ripetiamo, leggende metropolitane che, però, all’epoca vennero fortemente attenzionate dai cosiddetti servizi di sicurezza nazionali “made in Italy”.
L’attuale situazione della guerra Russia-Ucraina, con il coinvolgimento (interessato?) di Paesi che poco hanno da spartire sia con Russia che con Ucraina in materia “bellica”, con l’aggravante del caldo più o meno africano, finisce nel grande mare (Mediterraneo?) dei teoremi e delle ipotesi o delle realtà (presunte?) che concernono la perenne arretratezza politica, economica e sociale di una Sicilia costantemente alla ricerca del suo “avvenire”. Un “avvenire” che sembra non giungere mai, un “avvenire” che forse si è trasformato in “passato” e che pertanto non può avere un “futuro”..
Sotto gli occhi di tutti quanto accade in Sicilia: i balletti dei politici (il colore di appartenenza poco importa) che pensano più ad accaparrarsi una poltrona che al benessere della collettività, il territorio degradato, depredato di ciò che rimane da chi ha più potere per farlo, girandola di personaggi (quasi sempre i “soliti” noti) che si pongono sui media e sui social come “salvatori” di un bene comune (di quale “bene comune”?) in vista di elezioni (locali, regionali, nazionali, europee).
Da decenni si auspica una svolta per accantonare il diffuso, atavico malessere. La svolta non c’è stata e forse non ci sarà mai: un peccato mortale, una condanna che la Sicilia (come Terra!) non merita.
Ed ecco che la calura infernale cuoce il cervello: e se qualcuno chiedesse a Putin le armi per intraprendere una guerra d’indipendenza? La risposta può essere immediata: impossibile! Innanzitutto perché in Sicilia non c’è un Zelensky, forse un giovane Nino Martoglio avrebbe fatto al caso, oggi è troppo tardi. Poi perché la Sicilia è già “occupata” militarmente: dal 1940 al 1943 dai tedeschi, quindi ininterrottamente dagli USA. Germania e Stati Uniti alleati d’Italia nei diversi periodi storici. Sia con i teutonici, sia con gli yankee, Siciliani e Italiani sono andati a braccetto: è bene non dimenticarlo.
Certo a Putin farebbe comodo avere un focolaio “diversivo” nel profondo Sud dell’Europa, ma per sua sfortuna e fortuna della Patria-Italia le condizioni per crearlo non ci sono, e quelle espresse sono solamente frutto di chi non sa fronteggiare adeguatamente i quaranta gradi all’ombra…
La verità può essere e deve essere ben altra: la Sicilia ha tutte le potenzialità per porsi come punto di riferimento dei Paesi dell’area del Mediterraneo e fare da raccordo con l’Europa. Queste non sono fantasie, ma realtà da rinverdire e affidare a Uomini capaci di concretizzare i tanti progetti che sono rimasti chiusi nei cassetti di quanti hanno osato credere a un “nuovo” futuro.