Mafia e Logge nella Sicilia dei segreti: dibattito all’Università di Catania

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di Mario Guarnera

Nell’Aula Magna Santo Mazzarino dell’ex Monastero dei Benedettini, il 19 aprile è stato tenuto dal prof. Salvatore Adorno un seminario di Storia Contemporanea, durante la quale sono stati presentati due libri di profondo impegno civile: la ristampa aggiornata di “Chi ha ucciso Pio La Torre? Omicidio di mafia o politico?” (Castelvecchi editore) scritto a quattro mani da Armando Sorrentino, avvocato penalista, parte civile a Palermo nei processi di mafia e vicepresidente dell’ANPI Palermo, e da Paolo Mondani, inviato di punta di Report, la trasmissione di RaiTre, un libro impreziosito dalla prefazione di Andrea Camilleri; e “Padri e padrini delle logge invisibili. Alliata Gran Maestro di rispetto” (Castelvecchi editore) dell’archivista di stato Piera Amendola. L’incontro dibattito è stato moderato da Adriana Laudani, presidente dell’associazione Memoria e Futuro che ha organizzato l’evento.

Trattandosi ufficialmente di una iniziativa dedicata agli studenti dei corsi in Beni Culturali e in Lettere, il prof. Salvatore Adorno ha subito tenuto un intervento introduttivo per sottolineare come esistono diversi modi di fare storia, indicando come negli autori presenti in sala variasse il punto di vista a seconda si trattasse del lavoro di ricerca svolto dal giurista, dal giornalista o dalla documentarista. In realtà esiste un medesimo percorso intellettuale che porta a decifrare gli eventi sulla base delle fonti, indispensabili basi su cui costruire un discorso storico. Ma ecco come questa posizione deve subito fare i conti con una obiettiva difficoltà di chiarezza quando esiste una precisa volontà a insabbiare e nascondere manovre politiche di sottofondo, presenti in vari modi nella storia dell’Italia dal dopoguerra agli anni Novanta, argomento dei libri in questione, un arco di tempo che, come ha ricordato il prof. Adorno, si è concluso con Mani Pulite e il sorgere della Seconda Repubblica, una fase che ha visto l’emergere di un variegato populismo politico rispetto agli schieramenti dei partiti tradizionali.

Adriana Laudani, negli anni Ottanta deputato all’Assemblea Regionale Siciliana e dunque protagonista in prima persona come collaboratrice del segretario comunista Pio La Torre, è stata molto decisa nel ribadire il valore della libertà quale elemento fondante della democrazia, per la quale sacrificarsi come fece Pio La Torre, che venne falciato dalla mafia il 30 aprile 1982, in anni in cui l’organizzazione criminale sferrava un micidiale attacco sulle varie cariche dello Stato. E proprio la rievocazione della figura e dell’impegno politico di Pio La Torre è stato il motivo centrale dell’intervento di Adriana Laudani, che ha tracciato un ideale percorso dalla strage di Portella della Ginestra del 1° maggio 1947, dove il bandito mafioso Salvatore Giuliano sparò sulla folla contro i manifestanti comunisti, e la morte di Pio La Torre al suo ritorno a Palermo nel 1982, quando decise di stare vicino alla sua terra ricoprendo la carica di segretario regionale del PCI pur essendo in precedenza parlamentare. Ma l’analisi storica si fa più precisa, perché da subito sulla strage di Portella della Ginestra furono sollevati sospetti su manovre eversive miranti a bloccare l’avanzata comunista, in un mondo ai tempi contrapposto in due blocchi, Usa e URSS, dove i poteri occulti ancora legati al fascismo si alleavano con la criminalità locale interessata a mantenere antichi privilegi, attaccando con la violenza ogni spinta progressista. Questo dunque il messaggio che ha ribadito con forza Adriana Laudani: la trasparenza della verità è il valore insostituibile della democrazia, e i tanti momenti di crisi dovuti alle stragi della mafia e del terrorismo nero e rosso sono stati momenti di grave pericolo per la libertà.

Riguardo al primo libro presentato, “Chi ha ucciso Pio La Torre?”, il penalista Armando Sorrentino ha tracciato uno scenario dell’escalation della repressione mafiosa contro ogni obiettivo possibile, dagli omicidi del Presidente della Regione Siciliana Pier Santi Mattarella (fratello dell’attuale Presidente della Repubblica), e del segretario del principale partito dall’opposizione, cioè Pio La Torre, contando anche un numero impressionante di vittime tra magistrati, forze dell’ordine e giornalisti, in pratica un annientamento della presenza dello stato italiano in Sicilia. Ma la destabilizzazione politica dell’isola era possibile grazie a poteri deviati che nel segreto agivano per fronteggiare le proposte delle forze politiche di opposizione, in primo luogo la decisione della NATO di utilizzare Comiso come base missilistica, avversata da Pio La Torre, sostenitore di una politica di pace e disarmo mondiale. L’avvocato Sorrentino ha chiarito dunque come in Italia non si debba parlare di misteri riguardo alle stragi, come spesso viene fatto, ma in realtà di segreti, che restano tali perché effetto di precise strategie.

Un importante contributo è stato dato dal giornalista di Report, Paolo Mondani, che ha inquadrato le vicende siciliane in relazione alla politica nazionale, delineando il progressivo attacco a ogni esperienza di cambiamento, che porterà il 9 maggio 1978 all’omicidio di Aldo Moro, Presidente della Democrazia Cristiana, da parte delle Brigate Rosse, e il 6 gennaio 1980 all’uccisione di Piersanti Mattarella, Presidente della Regione Siciliana, anch’egli partecipe degli ideali morotei di un dialogo tra i due più grandi partiti italiani, la Democrazia Cristiana e il Partito comunista, al fine di uscire da una sterile contrapposizione tra blocchi politici incomunicabili. Quindi ecco come anche in Sicilia sia stato fermato nel sangue ogni movimento che poteva in qualsiasi modo danneggiare gli interessi mafiosi. Ma L’analisi dell’inviato di Report si fa ancora più precisa nel ricordare un verbale del 22 giugno del 1980 in cui Giovanni Falcone indicava come mandante dell’omicidio Mattarella non solo la mafia, ma possibilmente anche una matrice nera neofascista, per mano di Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, e questo documento è stato tenuto segreto dalla Commissione Antimafia fino al luglio del 2021, limitando dunque la ricerca della verità sui fatti, non soltanto riguardo l’omicidio Mattarella ma su diversi nodi ancora oscuri della storia nazionale. Per questo motivo Paolo Mondani, rivolgendosi agli studenti presenti, ha ironizzato sul fatto che in Italia processi per reati gravissimi come le stragi possono normalmente anche durare decenni lasciando tutto in sospeso.

Il secondo libro preso in esame, “Padri e padrini delle logge invisibili”, è stato scritto da Piera Amendola che vanta una lunga esperienza di documentarista alla Camera dei Deputati ed è stata tra il 1981 e il 1988 la responsabile della Commissione parlamentare di inchiesta sulla Loggia P2, pubblicando su indicazione di Tina Anselmi, Presidente della Commissione, i 122 volumi dell’inchiesta. Da questa esperienza Piera Amendola descrive la presenza nel Sud Italia, e in particolare in Sicilia, di una miriade di logge massoniche, a partire da quella del massone di fede monarchica Giovanni Alliata, fino alla presenza ad Agrigento e Messina di logge NATO costituitesi nel dopoguerra ad opera di militari e civili statunitensi. Realtà sotterranee che in alcuni casi hanno sfruttato la tradizionale segretezza dell’ordine massonico per intrecciare una rete di alleanze criminali sempre più difficile da individuare, rendendo quindi ardua ma non impossibile la puntuale ricostruzione storica dei legami tra criminalità e politica quando in Sicilia si creavano intrecci tra potere mafioso, destra eversiva e massoneria deviata, come era al corrente lo stesso Giovanni Falcone che nel 1986 ordinò un sequestro in una loggia. L’episodio più emblematico fu il finto sequestro del banchiere Michele Sindona, che nel 1979 dagli USA fugge in Sicilia protetto dalla mafia locale per depistare così le indagini sul denaro sporco che i mafiosi reinvestivano nelle banche di Sindona.

A conclusione degli interventi dei tre autori, il pubblico in sala ha manifestato vivo apprezzamento per l’impegno a gettare nuova luce su un periodo complesso della storia italiana, facendo sorgere un serrato dibattito, segno di un impegno civile che fa della trasparenza la sua bandiera.

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