“Atlante Umano Siciliano” di Francesco Faraci a Onirica Spazio Creativo di Catania

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Sicilia porta d’Europa. Per qualcuno inizio di una nuova vita, punto d’approdo dalla vicina Africa. Per altri, sguardo sul mondo. Terra infima e meravigliosa dove nulla è mai come appare. Viaggio, geografia dell’anima. Paese che fatica a evolversi e da cui si fugge. Ma cosa significa fotografare la Sicilia? Questa la domanda che Antonello Ferrara, presidente della neonata Associazione Onirica, ha posto agli ospiti per dare vita al primo confronto accesosi dentro le quattro mura dello Spazio Creativo inaugurato a Catania, in via Ingegnere 34, con la mostra di Francesco Faraci “Atlante Umano Siciliano”.

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Per i relatori coinvolti la domanda ha assunto diverse declinazioni. «Mi ha colpito trovare in uno spazio appena inaugurato alcuni studenti – ha risposto Carmen Cardillo facendo riferimento al mondo dei giovani, con cui quotidianamente ha a che fare come docente di Fotografia all’Accademia di Belle Arti di Catania -. Di solito i ragazzi si concentrano sulla tecnica o sulla fotografia patinata e man mano cerchiamo di sgretolare questo aspetto. L’interesse dei giovani c’è – ha ribadito – ma va accompagnato».

E gli amatori a quale complessità vanno incontro quando decidono di fotografare questa terra? «Sicuramente c’è la difficoltà della distanza – ha commentato Ferdinando Portuese, rappresentante FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) -. Se da Catania vogliamo fotografare l’isola di Mozia dobbiamo considerare almeno un pernottamento e le strade difficilmente percorribili. Lo stesso per la Valle dei Templi o i Teatri grechi e romani. Si dice – ha aggiunto poi facendo riferimento alla nascita di Onirica Spazio Creativo – che i siciliani vogliono fare sempre tutto da soli. Ma è quando le persone si mettono insieme per coltivare passioni, cultura e competenze che si arriva a dei risultati positivi».

«La voglia di conoscenza mi ha sempre spinto verso luoghi in cui apparentemente non c’è altro che disastro – ha risposto invece Francesco Faraci, spiegando la nascita del suo Atlante Umano Siciliano e la scelta di fotografare una Sicilia diversa da quella patinata -. Non mi sono posto il problema di cosa volessi raccontare perché lo sapevo già». Campi rom e quartieri come San Berillo e lo Zen sono location che si ritrovano spesso nei suoi scatti. «Sono partito dalla realtà, ma c’è anche il mio modo personale di viverla e le relazioni instaurate con le persone, con cui c’è stato – e in alcuni casi c’è ancora – un rapporto vero e sincero fatto di carne e non di schermi e messaggi. Sono luoghi che cambiano in continuazione, anche a distanza di 24 ore. Sono realtà che vivono nel passato, dimenticate e abbandonate, ma che vogliono alzare la testa per dire no all’omertà e sì alla voglia di riscatto e futuro».

A tirare le conclusioni ci ha pensato Pippo Pappalardo, primo socio onorario dell’Associazione Onirica. «Perché dovremmo interessarci alla Sicilia? Perché è qua, proprio di fronte a noi. Con la fotografia possiamo restituire dignità a un venditore ambulante, a un bambino con la carrozzella, basta guardare i dettagli con lo sguardo giusto. Il fotografo, come tale, è investito della responsabilità di indicare il percorso da seguire. Siamo pretenziosi? Sì, per mestiere. E dobbiamo acquisire una concezione romantica e sociologia per essere in grado di incidere nella nostra società. Quando nasce un teatro, in una città, si è fatto un passo in avanti. Mi auguro che possano essere presi in considerazione anche i centri dedicati alla fotografia e che questo di Onirica sia solo il primo passo».

E infatti il gruppo di fotografi che ha dato vita all’associazione – oltre a Ferrara ci sono Valentina Brancaforte, Mirko La Martina, Domenico Fabiano, Massimo Privitera, Sergio Perez, Giuseppe Pace, Giuseppe D’Amico, Maurizio Marchese, Antonella Tomasi, Adriana Tomaselli – ha già fissato il prossimo appuntamento in calendario: ci si ritroverà lunedì 12 giugno per parlare di fotografia e intelligenza artificiale.

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