Non solo “lodo Moro”, da documenti desecretati spunta il “lodo Scalfaro”

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Nel 1983 i servizi segreti italiani avrebbero concluso un accordo con i terroristi marxisti-leninisti dell’Asala, l’Armenian secret army for the liberation of Armenia, attraverso l’Olp di Yasser Arafat, per evitare attentati in Italia. Lo rivela Panorama, in possesso del dossier recuperato pochi giorni fa dalla ricercatrice Giordana Terracina all’Archivio di Stato

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Nel 1983 i servizi segreti italiani avrebbero concluso un accordo con i terroristi marxisti-leninisti dell’Asala, l’Armenian secret army for the liberation of Armenia, attraverso l’Olp di Yasser Arafat, per evitare attentati in Italia. E’ il cosiddetto ‘lodo Scalfaro’, un accordo gemello del ‘Lodo Moro’, emerso dall’analisi di 163 documenti “declassificati” dal governo Meloni. A rivelarlo è Panorama, in possesso del dossier recuperato pochi giorni fa dalla ricercatrice Giordana Terracina all’Archivio di Stato: un faldone di 429 pagine contenenti cablogrammi, minute e scambi di messaggi tra il colonnello Stefano Giovannone, a capo del centro Sismi di Beirut (soprannominato ‘Bermude’), e il governo italiano. Documenti che si arrestano cronologicamente davanti all’abisso del 27 giugno 1980, il giorno della strage di Ustica, per riprendere, poi, a settembre dello stesso anno, ma ‘saltando’ anche la strage di Bologna.

Fondata nel 1975 a Beirut, nel corso della guerra civile libanese, da Hagop Hagopian, l’Asala era un’organizzazione terroristica marxista-leninista responsabile, in 11 anni di intensa attività eversiva, di decine di attentati mortali, soprattutto contro i diplomatici turchi in tutto il mondo. “Di quell’accordo con l’Asala – sottolinea Panorama – fu informato certamente l’allora ministro dell’Interno italiano, Oscar Luigi Scalfaro. Tant’è che in uno delle centinaia di documenti declassificati, quello datato 19 agosto 1983 e che ha come oggetto ‘Problemi di interesse per la sicurezza dell’Italia’, il direttore del Servizio per le informazioni e la sicurezza militare dell’epoca, il generale Ninetto Lugaresi, scrive all’allora titolare del Viminale (‘In riferimento al colloquio che ho avuto stamane con la Signoria Vostra Onorevole…’) sollecitando un suo intervento in relazione a tre argomenti: uno è, per l’appunto, l’accordo da raggiungere e firmare per far interrompere la catena di attentati compiuti anche sul suolo italiano dall’Asala”.

Nella nota indirizzata a Scalfaro, ecco quel che scrive Lugaresi: “Nell’aprile del 1980 (quattro mesi dopo sarebbe esplosa la bomba alla stazione di Bologna, ndr), allo scopo di bloccare le azioni terroristiche armene contro l’Italia, sono stati presi contatti tramite l’Olp con l’Asala, conclusi nel dicembre dello stesso anno con una bozza di accordo (all. 1) dal quale si rileva che all’Italia si chiede di non consentire il transito sul proprio territorio degli emigranti armeni (diretti verso gli Stati Uniti)”. L’Asala infatti non voleva che il suo popolo fuggisse all’estero perché questo avrebbe indebolito le battaglie contro la Turchia e cercava di ostacolare, in tutti i modi, i cittadini armeni dal lasciare il Paese, anche pretendendo con la forza dagli altri Paesi, Italia compresa, limitazioni o divieti verso gli emigranti.

A Scalfaro l’ufficiale ricordava che “recentemente il console generale Usa ha chiesto al Mae (la Farnesina, ndr) la concessione del visto anche presso l’ambasciata d’Italia a Beirut”. E lo metteva in guardia: “Ritengo che l’attuazione del provvedimento proposto dal console Usa potrebbe avere riflessi negativi ai fini della sicurezza perché potrebbe essere assunto quale pretesto da parte dell’Asala per rinnovare azioni violente contro interessi italiani, compresi quelli, rilevanti, presenti oggi in Libano”.

Il tema era già stato trattato da Lugaresi che, il 28 febbraio 1982, aveva posto all’attenzione del Cesis (il Comitato esecutivo per i servizi di informazione e sicurezza) le “minacce dell’Asala contro obiettivi in Italia”. Un mese prima, il 29 gennaio 1982, sempre Lugaresi scriveva al Cesis e ai ministri degli Esteri e dell’Interno, ricordando i prodromi dell’accordo con l’Asala. Che si era concretizzato nel dicembre 1980 in una bozza, per il tramite dell’Olp, e “sul quale doveva essere espresso il parere delle autorità italiane”. Successivamente, segnalava Lugaresi, “si richiedeva di favorire sui mass-media italiani la diffusione dell’idea armena e i problemi connessi”. Un mese dopo ci sarà, effettivamente, l’intervista su L’Espresso ad Hagop Hagopian, fondatore dell’Asala. Andrà diversamente al settimanale Panorama, “punito” da Hagopian – per un’intervista che il fondatore dell’Asala evidentemente non doveva aver apprezzato – con un attentato al deposito della Mondadori a Porta Ticinese.

 – AdnKronos –

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