La chiesa di Santa Maria della Pinta a Palermo

Condividi questo articolo?

Vicende architettoniche della chiesa tardo-romanica di Santa Maria dell’Annunziata, detta della Pinta, distrutta nel 1648 per consentire la costruzione di baluardi difensivi a protezione del Palazzo Reale

di Santi Maria Randazzo

Pubblicità

Le prime chiese cristiane in Sicilia I n Sicilia si cominciano a costruire edifici di tipo basilicale solo dall’impero di Costantino, nel IV secolo d.C., utilizzando a volte preesistenti edifici pagani o i loro siti. Una delle prime chiese cristiane di Sicilia, già oggetto di evidence archeologica per come riferito da F. P. Rizzo, e datata all’epoca costantiniana da Pietro Griffo, è la basilichetta paleocristiana che sorge ai piedi del versante orientale della collina dei templi [di Agrigento]. «[…] Tale ritrovamento, pertanto, mentre data intorno al 370 la modifica intervenuta, offre un prezioso termine ante quem per l’impianto originario della basilichetta che può essere riportato al periodo costantiniano» (1). F. P. Rizzo, per la medesima chiesa, indicata come ‘basilichetta del Vallone di S. Biagio’, ha ritenuto di fare le seguenti osservazioni con cui ha evidenziato alcune caratteristiche della stessa: «Inoltre il tipo di struttura (mononave solida e compatta) della basilichetta fa pensare che questa abbia avuto origine da un tempietto sepolcrale pagano [sembrerebbe proprio che stia indicando un criterio identificativo], come avviene per le memoriae di apostoli e martiri. In ogni caso la basilichetta è più vicina alla tradizione delle celle sepolcrali cristiane del III secolo che non alle grandi basiliche cristiane della seconda metà del IV secolo» (2). Dall’inizio del V secolo, in Sicilia, non è raro trovare edifici cristiani costruiti sui resti di templi pagani (come hanno documentato, tra gli altri, il Cajetani e Giuseppe Agnello), utilizzando sovente alcune parti di precedenti costruzioni siceliote o romane o costruendo le nuove strutture su quelle preesistenti; l’esigenza di utilizzare parti di edifici preesistenti, o di riutilizzarne i siti si può datare e ricollegare in Sicilia, dall’inizio del V sec., al dissesto dell’impero romano, conseguentemente all’invasione dei Vandali e dei Goti ed alla correlata mancanza del supporto organizzativo finanziario dell’Impero Romano: ciò mitigato in parte dalla destinazione di un quarto delle rendite ecclesiastiche destinate alla costruzione di edifici dalla fine del V sec. La situazione in Sicilia cambia nella seconda metà del VI (663), allorché Siracusa divenne la capitale dell’Impero d’Oriente. In Sicilia, comunque, parrebbe che la costruzione di luoghi di culto cristiano indicate con il termine di “Basiliche o Basilichette” abbia seguito, almeno secondo le osservazioni del Bottari, uno schema comune quasi identico in tutte le costruzioni di quel tipo censite. Ecco cosa afferma il Bottari nel 1950: «Memorie più o meno attendibili di edifici cristiani in Sicilia si hanno a partire dai primi decenni del IV secolo, ma – per quello che fin qui è venuto alla luce – la documentazione monumentale non incomincia prima del V secolo, che è il periodo delle lettere decretali dei Papi Semplicio (473) e Gelasio (494) con le quali si dispone che un quarto degli introiti di ogni chiesa doveva essere riservato alle fabbriche; lettere che non dovettero restare senza efficacia se, alla distanza di un secolo, S. Gregorio Magno, di cui è ben noto l’interesse delle cose di Sicilia, non trova di meglio che confermarle ampliandone la portata lo stesso schema [tardo romanico] più ovvio e comune, tanto da diventare emblematico della chiesa romana, lo schema basilicale, si presenta, nel gruppo dei più antichi monumenti siciliani, in forme varie e complesse, e talvolta insolite e addirittura – almeno per quel che so – uniche. Tale è il caso delle due chiesette di S. Pietro di Siracusa e di S. Focà presso Priolo, i cui avanzi di recente hanno avuto per l’acume del Pace una precisa interpretazione che ha pure consentito allo stesso studioso di chiarire il significato della curiosa planimetria – conservataci dallo stesso Inveges che ebbe a rilevarla prima della distruzione – della chiesetta palermitana di S. Maria La Pinta; e il sistema dovette avere una certa diffusione se, sulla traccia degli esempi indicati, il prof. Libertini Pietro ad baias, per la presenza di archi lungo le fiancate del muro”.(3)

La chiesa di Santa Maria della Pinta, la cui distruzione inizia nel 1648 e viene portata a termine nel 1649 (4), viene rasa al suolo per esigenze difensive della città di Palermo; sorgeva nella parte alta della Paleopolis Panormitana: «[…] nell’area dell’odierno Palazzo Reale, altrimenti detto dei Normanni, [dove] era probabilmente ubicata la sede del potere temporale. Si sa che vi sorgeva un sontuoso edificio chiamato in seguito Aula Viridis. Vicina a questa si ergeva la Chiesa di Santa Maria Dell’Annunziata, detta della Pinta, e quasi certamente iniziava anche la Ruga Coperta; sul modello bizantino (Bellafiore 1966-1967), questo lungo porticato collegava la sede del potere temporale con la cattedrale del 6° secolo – eretta su una precedente, sorta sui resti d’un tempio, forse nel sec. 4° – costruita immediatamente oltre il muro che separava la città vecchia dalla Neapolis”. (5) La distruzione della Chiesa di Santa Maria Della Pinta inizia: «[…] nel mese di novembre dell’istesso anno 1648. Il cardinal Trivultio col parere d’alcuni consiglieri di guerra per dar la sicurezza al Palazzo de’ Vicerè, fece cominciare i due baloardi a’ fianchi di mezzo giorno, e di tramontana; dove fece scolpire le sue armi, e suo nome, e con questa occasione per ampliar la piazza del Palazzo, furono demolite tutte le case, e chiese ch’eran vicine alla Porta Nova; e tra queste vi fu l’antichissima Chiesa di Santa Maria Della Pinta, […]”. (6) Tale chiesa veniva così chiamata perché in essa vi era l’immagine di Maria Annunziata che: «[…] essendo stata depinta assai devota, fù chiamato, il Tempio di S. Maria Depinta, così dice un Privilegio del Conte Ruggiere, di concessione di luogo prope ecclesiam S. Mariae Depictae, & S. Barbariae, la qual chiesa fù pure dondata da’ greci». (7) Dell’antichissima Chiesa di Santa Maria Depinta, oltre la pianta della stessa, abbiamo una descrizione fattane dall’Inveges: «La chiesa di S. Maria Della Pinta (di Palermo) è una delle più belle chiese, ch’edificarono gli antichi greci né loro tempi in Sicilia. Questo antico tempio, secondo riferisce F. Simone (ò Simonetto) di Leontino vescovo di Siracusa: […] fu edificato, e consacrato insieme dall’eroe Belisario Capitano di Giustiniano Imp. Alla gloriosa Madre di Dio V. per la vittoria in Palermo contro à Vandali (legge Goti) nell’an. Del mondo 4516. E del redentore 545 (legge 535) […] à gloria della suprema Regina del Cielo: la cui immagine essendo stata depinta assai devota; fu chiamato il tempio di S. Maria Depinta. […]. Hor la nostra antichissima chiesa di S. Maria Della Pinta: era fabbricata nel gran piano del palazzo viceregio a pié del novo suo baluardo settentrionale. La figura del sito era riquadrata; poiché in ogni lato havea circa 30. Passi di distanza. La frontiera del suo muro settentrionale riguardava la bella strada del Cassaro, ove havea tre porte: la maggiore di mezo, che dava l’ingresso alla nave, e le due minori, che aprivan il passo alle due ali: & alle tre porte s’ascendeva per 7. Scalini, posti parti dentro, e parte fuori: poiché il sito della chiesa era rilevato sopra il Cassaro circa 7. Palmi. Il suo modello non era ordinario; cioè la nave, e le ali non erano in giro ricinte di muraglie, come nelle chiese latine: ma all’uso dei Tempij Gentilij; eran tutte al cielo aperte: & architettate di colonne di pietre in più pezzi, e di tetto di legname fatto in forma di carina di nave. La lunghezza della nave, e delle ali era uguale, e cominciava dal Cassaro, o’ dal muro, e porte settentrionali; sopra cui da Levante a’ Ponente s’attraversava la lunghezza del titolo di circa 30 passi. Onde la chiesa tutta alla mia età coll’ordinanza delle sue colonne figurava un T. latino maiuscolo; ch’era l’antico Tau, e la vera figura, della croce. La nave e’l titolo cavea ugual larghezza di 7 passi, e mezo circa; ma la lunghezza disuguale: poiché, la lunghezza della navea have 6. Colonne, e fra queste 5. Passi. Ma la lunghezza del titolo era dal muro di Ponente a’ quel di Levante eran 5. Altri archi; quel di mezo alla larghezza della nave, li dui ultimi grandissimi, e li 2. Di mezo alla larghezza delle ali. Et ogni ala al pari della nave havea 6. Colonne, e 5 archi: ma di larghezza circa 4 passi, e mezo. Al fianco però delle colonne d’ogni ala era un ampio e discoperto cimiterio, o’ giardino: li quali venivan in giro da un’alta muraglia di 24. Pal. In circa rinterrati. Nel solo titolo eran gl’altari. I quali eran tre: tutti appoggiati alle mura: cioè l’altar di mezo, era appoggiato al muro meridionale, e riguardava la porta maggiore: ove era un bel quadro della Nuntiata: al corno del vangelo, & al muro orientale del titolo era l’altare della Candelora, o di S. Maria delle Gratie: & a’ quello dell’epistola, o’ alla muraglia occidentale era l’immagine devotissima, & antichissima del S. Crocifisso all’istesso muro dipinta: che hoggi e transportata alla chiesa dell’Itria, insieme cogli altri due ricordati quadri. Dietro il titolo, e del muro meridionale della chiesa eran fabbricate, e la sagristia, e le stanze del cappellano. Ma la nave, e le ali di questa chiesa nei tempi furon più lunghe di quelle che alla mia età si vedevano; poiché Don Garzia de Toledo per far il Cassaro ne ruinò quella parte settentrionale; che la dirittura della strada gl’impediva». (8)

NOTE

1) E. De Miro, in F. P. Rizzo, Storia della Sicilia paleocristiana: revisione e prospettive, in Kokalos XXX-XXXI, 1984- 1985, pp. 259-260.

2)F. P. Rizzo, Storia della Sicilia paleocristiana: revisione e prospettive, in Kokalos XXX-XXXI, 1984-1985, pp. 259- 260.

3) Bottari – 1950.

4) Gioacchino di Marzo, Biblioteca Storia e Letteraria di Sicilia, vol. XXII, I della terza serie, Luigi Pedone Lauriel, Palermo MDCCCLXXVI, pp. 15-16.

5) Zoric, in Enciclopedia Dell’Arte Medievale, Treccani Ed., 1998.

6) Vincenzo Auria, Historia cronologica delle Signori Vicerè di Sicilia, per Pietro Coppola Stamp. Cam. Della SS. Inqu. e Illustr. Senato, Palermo 1697, p. 114.

7) D. Pietro Antonio Tornamira e Gotto, Idea congetturale della vita di S. Rosalia, per il Bua, e Camagna, Palermo M.DC.LXVIII, p. 137.

8) Agostino Inveges, Annali della felice città di Palermo. Palermo Sacro parte seconda degli annali di D. Agostino Inveges, nella Typographia di Pietro Dell’Isola, Impressor Camerale, Palermo MDCL, pp. 424-425

Foto copertina: Di Stendhal55 - Opera propria, CC BY-SA 4.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=79894799

Potrebbe interessarti

Leave a Comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.