No all”attacco totale’ che metterebbe ancor più a rischio la vita degli ostaggi. Scontri con Hamas: “Uccisi molti terroristi”
L’offensiva di terra di Israele prosegue con ‘micro-attacchi’ nella Striscia di Gaza, con scontri con uomini di Hamas, mentre i raid continuano a martellare il territorio dell’enclave. Il fronte con il Libano rimane instabile, tra lancio di razzi di Hezbollah e risposte delle forze armate israeliane.
Le ultime 24 ore del conflitto che infiamma il Medio Oriente vanno in archivio con operazioni condotte in particolare nel nord della Striscia di Gaza. La strategia, secondo fonti americane citate dal Times of Israel, prevede blitz in aree relativamente circoscritte. Non sarebbe prevista per il momento un’operazione ad ampio raggio che potrebbe mettere in pericolo ulteriore le vite dei 239 ostaggi – secondo gli ultimi dati – tenuti prigionieri a Gaza. Questo approccio è in linea con la visione della Casa Bianca: l’amministrazione del presidente Joe Biden, secondo il quotidiano israeliano, è scettica sulla visione ancora fumosa del premier israeliano Benjamin Netanyahu sulla Striscia di Gaza post-conflitto.
Rimane rovente il confine con il Libano. Le forze di difesa israeliane hanno condotto raid in risposta al lancio di dieci razzi contro la parte settentrionale dello Stato ebraico. Uno dei razzi ha colpito un edificio a Kiryat Shmona, senza provocare vittime. Gli israeliani hanno attaccato obiettivi di Hezbollah, colpendo infrastrutture terroristiche e militari.
Hezbollah, intanto, non avrebbe intenzione di ridimensionare il proprio ruolo nel conflitto: “Vi capiamo, ma non possiamo accettare la caduta di Hamas”, è il messaggio al governo di Beirut, che fa pressioni sulla milizia sciita perché non intensifichi gli attacchi contro Israele. Lo rivela una fonte libanese informata, citata dal Washington Post, che parla dei colloqui che “tutti i Paesi occidentali, attraverso i loro ambasciatori, stanno avendo con noi, per dire che Hezbollah non deve entrare in guerra”.
E in effetti il Partito di Dio sostenuto dall’Iran si trova davanti al ‘dilemma’ se allentare gli attacchi che conduce dal Libano contro il nord di Israele o dare fuoco alle polveri dell’escalation. Dal 7 ottobre, giorno dei devastanti attacchi di Hamas contro lo Stato ebraico, il leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, è rimasto in silenzio. Salvo comparire qualche giorno fa in occasione di un incontro – che in realtà non è chiaro quando sia avvenuto – con il numero due di Hamas, Saleh al-Arouri, e il capo della Jihad Islamica, Ziad al-Nakhalah.
E in effetti, secondo il quotidiano americano, le pressioni esercitate da esponenti del governo di Beirut hanno fatto sì che il gruppo si astenesse finora da scontri più ampi con Israele. “Non è il momento”, sottolinea la fonte. Una ‘prudenza’ che delude Hamas: nei giorni scorsi, Musa Abu Marzouq, membro dell’ufficio politico del gruppo palestinese, ha dichiarato all’emittente panaraba Orient: “Purtroppo non c’è coordinamento” con Hezbollah. E ha invitato il gruppo a intensificare gli attacchi: “Ci aspettavamo che l’impegno fosse molto più alto di quello che sta avvenendo ora. Li invitiamo a una maggiore partecipazione”. Ma più passano i giorni senza commenti pubblici da parte di Nasrallah, più il suo silenzio si fa notare, suscitando l’ira anche dei seguaci che sostengono gli appelli alla “resistenza” contro Israele.
Hezbollah ha adottato “un’escalation graduale con le forze israeliane – osserva Mohanad Hage Ali, ricercatore a Beirut del Carnegie Middle East Center – Oggi le regole di ingaggio sono all’interno di una regione geografica limitata”. Ma Hezbollah potrebbe intensificare i suoi attacchi se le forze di terra israeliane entrassero a Gaza in modo massiccio Secondo l’esperto, il gruppo “considera chiaramente questo come un conflitto esistenziale e da questo punto di vista, l’unica strada percorribile è quella di un’escalation graduale per cercare di evitare un conflitto più ampio”.
Il Libano e la sua popolazione “non possono permettersi un nuovo conflitto nel pieno del collasso dello Stato e di una situazione economica disastrosa”, ha detto una fonte occidentale al Washington Post, rivelando i contatti con funzionari di Beirut e con Hezbollah, ai quali è stato chiesto di “astenersi da qualsiasi tipo di escalation dal confine e di tenere in generale il Libano lontano dal conflitto in corso a Gaza”.
“Il Libano ufficiale non vuole una guerra – ha sintetizzato il ministro dell’Informazione Ziad Makary in un’intervista televisiva – Ma siamo consapevoli che il fronte potrebbe sempre esplodere in qualsiasi momento”.ADNKRONOS