Giornata particolarmente impegnativa quella di Papa Francesco oggi che alla fine deve arrendersi al respiro affannato causato dal raffreddore che da tempo ormai lo accompagna.
“Facciamo in modo che l’ appuntamento ecumenico” legato alla Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani “non si riduca a un adempimento e che non diventi autoreferenziale”. Lo ha ammonito il Papa ricevendo in udienza la Delegazione Ecumenica dalla Finlandia, in occasione della festa di Sant’Enrico. “Che abbia sempre la linfa vitale dello Spirito Santo e che sia aperto ad accogliere i fratelli più poveri e più dimenticati, e anche coloro che si sentono abbandonati da Dio, che hanno smarrito la strada della fede e della speranza “, ha detto il Papa, come riferito dall’agenzia di stampa Adnkronos.
Successivamente in udienza con la delegazione della popolazione colpita dalla tragedia del Vajont, ha affermato che “C’è un delirio di avidità e possesso”, “la casa comune di sta sgretolando”, “l’avidità distrugge”. È il nuovo grido di allarme che il Papa ha lanciato. “La cura del creato – ha avvertito- non è un semplice fattore ecologico, ma una questione antropologica, ha a che fare con la vita dell’uomo, così come il Creatore l’ha pensata e disposta, e riguarda il futuro di tutti, della società globale in cui siamo immersi. E voi, di fronte alla tragedia che può scaturire dallo sfruttamento dell’ambiente, testimoniate la necessità di prendersi cura del creato”.
“Ciò è essenziale oggi, mentre si sta sgretolando la casa comune, e il motivo è ancora una volta lo stesso: l’avidità di profitto, un delirio di guadagno e di possesso – la denuncia del Pontefice – che sembra far sentire l’uomo onnipotente. Ma è un grande inganno, perché siamo creature e la nostra natura ci chiede di muoverci nel mondo con rispetto e con cura, senza annullare, anzi custodendo il senso del limite, che non rappresenta una diminuzione, ma è possibilità di pienezza”.
A causare la tragedia del Vajont, ha osservato il Papa, “non furono sbagli di progettazione o di realizzazione della diga, ma il fatto stesso di voler costruire un bacino artificiale nel luogo sbagliato. E tutto ciò perché? In ultima analisi per aver anteposto la logica del guadagno alla cura dell’uomo e dell’ambiente in cui vive; così che, se la vostra ondata di speranza è mossa dalla fraternità, quell’ondata che portò disperazione era provocata dall’avidità. Chi non sa costruire il limite, non può andare avanti”.
Nella stessa udienza il Papa si è soffermato anche sui temi ambientali. “Basta devastare l’ambiente con logiche mortifere di avidità”. “L’acqua è utile e umile, eppure diventata tremenda e distruttiva nel caso del Vajont, oppure inaccessibile per tanti che oggi, nel mondo, soffrono la sete o non hanno acqua potabile – ha osservato il Papa -. Abbiamo bisogno dello sguardo contemplativo e rispettoso di San Francesco per riconoscere la bellezza del creato e saper dare alle cose il giusto ordine, per smettere di devastare l’ambiente con logiche mortifere di avidità e collaborare fraternamente allo sviluppo della vita”.
Dopo l’udienza con la delegazione dal Vajont il Papa ha incontrato poi la delegazione delle Università Cattoliche. Ed è proprio nel corso di questa udienza che Papa Francesco ha dovuto interrompere. “Avrei da leggere un discorso lungo, ma ho il respiro un po’ affannato; vedete, ancora questo raffreddore che non se ne va! Mi prendo la libertà di consegnare il testo a voi così che lo leggiate”. Queste alcune parti del discorso:
“Non possiamo affidare alla paura la gestione delle nostre università; e sfortunatamente questo è più frequente di quanto si pensi. La tentazione di chiudersi dietro i muri, in una bolla sociale sicura, evitando i rischi o le sfide culturali, voltando le spalle alla complessità della realtà può sembrare la strada più affidabile. Questa è mera illusione! La paura divora l’anima. Non circondate mai l’università con muri di paura”, ha ammonito il Papa.
“Non permettete che un’Università Cattolica si limiti a replicare i muri tipici delle società in cui viviamo: quelli della disuguaglianza, della disumanizzazione, dell’intolleranza e dell’indifferenza, di tanti modelli che mirano a rafforzare l’individualismo e non investono nella fraternità”, il monito. “Un’università che si protegge all’interno delle mura della paura può raggiungere un livello prestigioso, riconosciuto e apprezzato, occupando i primi posti nelle classifiche di produzione accademica. Ma, come diceva il pensatore Miguel de Unamuno, «il sapere per il sapere: questo è disumano». Dobbiamo sempre chiederci: a cosa serve la nostra scienza? Che potenziale trasformativo ha la conoscenza che produciamo? Di cosa e di chi siamo al servizio? La neutralità è un’illusione. Un’Università Cattolica deve fare delle scelte, delle scelte che riflettano il Vangelo. Deve prendere posizione e dimostrarlo con le sue azioni, in modo limpido; “sporcarsi le mani” evangelicamente nella trasformazione del mondo e al servizio della persona umana”, ha osservato.
Quindi una richiesta: “Vi chiedo di aiutare la Chiesa, in questo momento storico, a illuminare le più profonde aspirazioni umane con le ragioni dell’intelligenza e le “ragioni della speranza”; di aiutare la Chiesa a condurre senza paura dialoghi sui grandi temi contemporanei. Aiutateci a tradurre culturalmente, in un linguaggio aperto alle nuove generazioni e ai nuovi tempi, la ricchezza dell’ispirazione cristiana; a identificare le nuove frontiere del pensiero, della scienza e della tecnologia e ad abitarle con equilibrio e saggezza. Aiutateci a costruire alleanze intergenerazionali e interculturali nella cura della casa comune, in una visione di ecologia integrale, che dia un’effettiva risposta al grido della terra e al grido dei poveri”.
Papa Francesco soffre periodicamente di una infiammazione ai bronchi ed è già capitato altre volte che consegni il discorso preparato. L’ultima volta, sette giorni fa incontrando un gruppo di comunicatori francesi: “Io vorrei leggere tutto il discorso ma ho un problema, un po’ di bronchite”.