Appuntamento a Catania Manuel Badalà presenta la sua prima mostra “Perfetto incompleto”

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Una spiccata propensione per l’arte e un “problema”, quello della distrazione, che, scoprirà solo col tempo, essere un punto di forza e una chiave di lettura del suo percorso personale e artistico. Nelle sue vene scorre sangue africano ma l’artista autodidatta Manuel Badalà, 30 anni, è cento per cento catanese. E proprio a Catania, al Vermut di via Gemellaro 37/39, presenterà, domenica 26 maggio alle 18, la sua prima mostra dal titolo “Perfetto incompleto”. Una sala dove immergersi nello studio dell’artista tra attrezzi di lavoro e bozzetti di opere realizzate o da realizzare, cinque sculture che raccontano cinque fasi di vita e di arte, l’ultima delle quali verrà svelata proprio in occasione dello showroom e live talk durante cui l’artista condividerà con il pubblico la sua esperienza e la sua passione per l’arte.

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«Da piccolo lavoravo molto con l’argilla e la plastilina con cui realizzavo animali, soprattutto cavalli», racconta Manuel, ancora molto legato a questo animale che spesso ritroviamo tra le sue opere per esprimere forza, dinamicità, eleganza, sensibilità.

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L’inclinazione per l’arte, quindi, c’è sempre stata, ma è stata accantonata perché Manuel veniva considerato, ed era, “sempre distratto”. Un bambino distratto a scuola, un ragazzo distratto a lavoro. Un problema, insomma, che nel tempo lo ha portato a vergognarsi del proprio modo di essere, a cui si è aggiunta anche la rabbia tipica dell’adolescenza, che gli ha impedito di focalizzarsi sullo studio o su un’attività in particolare. A eccezione di un corso di basso rilievo a cui ha partecipato a soli 13 anni e che lo ha segnato profondamente, forse perché inconsciamente gli ha aperto la strada per il futuro.

È il lavoro come operaio in campagna, a 20 anni, a riavvicinarlo alla natura, specialmente al legno, con cui oggi Manuel Badalà crea le sue opere d’arte. Ma anche a dargli la possibilità di conoscere gli alberi e le loro caratteristiche e avere una buona manualità con gli attrezzi del mestiere. «Il lavoro in campagna mi ha insegnato tanto e mi ha fatto capire  che non ero io il problema, ma che spesso mi trovavo nel posto sbagliato o con persone sbagliate e non avevo la possibilità di esprimermi come avrei voluto».

Da lì inizia l’esperienza della scultura. Aveva 27 anni, l’anno zero da cui ha origine la prima fase del suo percorso artistico. «Ho trovato ispirazione per creare sculture in base a quello che volevo esprimere, sono riuscito a riconoscere e canalizzare il mio potenziale, i difetti si sono trasformati in caratteristiche personali. Ed è nata Perfetto incompleto, un’opera di accettazione che dichiara “Io sono così e va bene così”». Così, incompleto. Perché a Manuel, adesso, piace lasciare le cose incomplete. Non più per colpa della distrazione, ma per avere un finale aperto, per dare spazio all’immaginazione.

 

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