A Catania concerto di presentazione “Quartetti d’archi in 3P”, Terrazza Panoramica Museo Diocesiano)

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Si svolgerà sabato 13 luglio alle ore 20:00, presso la Terrazza panoramica del Museo Diocesano di Catania, la presentazione ufficiale del primo volume della collana  “Quartetti d’Archi in 3P”, prodotta dalla TRP Music, che vede per la prima volta pubblicato il repertorio per quartetto d’archi dei tre compositori catanesi Giovanni Pacini, Salvatore Pappalardo e Pietro Platania. Ad eseguire dal vivo l’album di recentissima uscita saranno i componenti del Quartetto di Catania, formazione costituitasi per questo speciale progetto, primo di una decina di volumi.  Gli interpreti sono Augusto Vismara al primo violino, Marcello Spina al secondo violino, Gaetano Adorno alla viola e Alessandro Longo al violoncello.

Le composizioni eseguite in questo concerto e presenti nel disco sono il secondo quartetto di Giovanni Pacini ed il primo quartetto Op. 4 di Salvatore Pappalardo, due opere abbastanza lontane per stile, architettura e coloratura musicale. L’opera di Pacini appartiene agli anni della maturità (1862) ed evidenzia una raffinata condotta polifonica e armonica delle parti; l’opera di Pappalardo, scritta ad appena 11 anni, secondo quanto riportato nel manoscritto originale, fu data alle stampe solo nel 1844.

Il concerto, promosso dall’Associazione Culturale LUOGOCOMUNE, sarà integrato dal prezioso contributo musicologico di Graziella Seminara ed Enrica Donisi.

 

A seguire, un brindisi offerto dalle Cantine Privitera, azienda agricola con sede a Gravina di Catania, che produce vini di qualità seguendo le migliori tecniche di vinificazione, rivolgendosi con successo a tutti coloro che amano gustare ancora antichi sapori.

 

Il progetto viene alla luce da un’esplorazione di Augusto Vismara e di Gaetano Adorno intorno al mondo del quartetto d’archi nell’Ottocento italiano. Dopo una caccia al tesoro durata alcuni anni e condivisa con i musicisti Marcello Spina e Alessandro Longo, viene fondato il Quartetto di Catania, con lo scopo preciso di pubblicare e di dare una veste sonora al frutto di questa ricerca, raccolta in una collana che prevede la realizzazione di dieci CD editi da TRP Music. L’iniziativa vuole essere anche, nelle intenzioni degli ideatori, un primo passo per contribuire a ridefinire una tavola di valori critici, musicali, musicologici, relativa alla musica da camera italiana del XIX secolo. Si tratta di un arco temporale ampio che ha prodotto una mole di composizioni rilevante, attraversato da una pletora di autori “minori” e da una serie di opere cameristiche ancora oggi difficilmente enumerabile. Purtroppo la maggior parte di questa musica è rimasta sulla carta, inspiegabilmente assente, con rarissime eccezioni, sia nel panorama discografico che in quello delle programmazioni concertistiche. Si potrebbe definire come un caso di generale e diffusa trascuratezza nel preservare e valorizzare opere che sono la testimonianza di un’epoca, di una ricerca stilistica, di un fermento creativo ancora tutto da scoprire. Succede che il caso capriccioso releghi nell’oblio moltissima buona musica, a volte per secoli, ma in definitiva le ragioni di questo vuoto retrospettivo sulla nostra storia musicale (soprattutto per carenza di incisioni discografiche) appaiono imperscrutabili. Poco è stato fatto per sottoporre queste musiche ad un opportuno vaglio critico, a partire proprio dal semplice dato dell’ascolto. Non pare infatti che tale patrimonio abbia trovato ancora una sua precisa prospettiva estetica nel quale essere inquadrato. Eppure la nascita delle varie “Società del Quartetto” a Firenze, Napoli, Milano, Bologna, Palermo, a partire dalla metà del secolo XIX, dove accanto alle opere dei grandi compositori del classicismo tedesco vengono proposte e divulgate quelle dei compositori italiani dell’epoca, è un sintomo preciso, una direzione “altra”, rispetto all’opera lirica, regno incontrastato del grande pubblico capace di muovere emozioni e suscitare passioni che oggi definiremmo calcistiche. Il sintomo chiarisce bene quali fossero gli scopi artistici di una parte dell’intellighenzia musicale italiana. La diagnosi è presto fatta: le sorti della musica strumentale colta sono in grave declino; il Bel Paese deve assolutamente recuperare una posizione di prestigio, ovvero quella che aveva avuto per tutto il XVIII secolo e di fatto fino a Boccherini. Ma con una buona dose di autocoscienza (e di autocritica) anche la terapia è conseguenziale: molti compositori sono consapevoli che non ci si può sottrarre al confronto con la straordinaria fioritura cameristica del mondo musicale tedesco. Solo con l’attraversamento e l’assimilazione della grande lezione di Haydn, Mozart, Beethoven, l’Italia musicale, nel suo versante più colto, ricercato e dotto, può ritrovare la sua via maestra.

 

 

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