Parco Archeologico di Selinunte, oggi, si apre la quinta settimana dei “Teatri di Pietra in Sicilia”

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Oggi, lunedì 12 agosto, si apre la quinta settimana dei Teatri di Pietra in Sicilia, con “Incanti di pietra – La decima musa” (Giuseppe Milici ensemble, voce narrante Sergio Vespertino), un’opera che intreccia mito e realtà attraverso una narrazione musicale. Lo spettacolo si terrà al Parco Archeologico di Selinunte (Castelvetrano – TP) che, sabato 17 agosto, ospiterà anche “Medea” di Luciano Violante con Viola Graziosi con la regia di Giuseppe Dipasquale. Nel trentennale della strage di Capaci, Luciano Violante, magistrato e già Presidente della Camera dei Deputati, torna ad interrogarsi sul mito attraverso la figura di Medea, che nel suo peregrinare approda nella terra di Sicilia. Un monologo straziante e sublime interpretato da Viola Graziosi, diretta da Giuseppe Dipasquale. Un salto nella contemporaneità che permane nell’alveo di una tragica mitologia e che ha fatto del tragico eccidio mafioso, con l’emblema degli emblemi nella perdita di Giovanni Falcone, un atto dove “Il divino e l’umano si intrecciano perdendo i confini e laghi di sangue si scoprono negli sterminati campi di grano”.

 

Martedì 13 agosto presso l’Area Archeologica di Solunto (Santa Flavia – PA) andrà in scena “Vivere diversi – La bellezza non può morire”, liberamente tratto dall’Odissea di Omero e dall’Ulysses di Joyce. Si tratta di un racconto di Katherine Mansfield con composizione, regia, canto e recitazione di Miriam Palma, mentre musica e chitarra sono di Nino Giannotta.

 

Nelle rovine dell’antica cattedrale di Montevago (AG) ci saranno due appuntamenti: martedì 13 agosto “L’incantevole melodia del cinema” e domenica 18 agosto “Ulisse racconta Ulisse”.  Il primo di questi sarà con Giuseppe Milici e la voce narrante di Sergio Vespertino con “L’incantevole melodia del cinema” che racconta la capacità straordinaria propria del cinema di sintetizzare in un solo tempo, quello della durata del film, due fattori fondamentali: l’immagine e l’immaginario. L’immagine, nel senso del contesto urbano o paesaggistico, e l’immaginario, ossia quella forma cangiante, quella trama metamorfica che condensa e agglutina desideri e emozioni. La musica in tutto ciò diventa il sonoro, sia dell’immagine che dell’immaginario. Alla stessa maniera con questo lavoro, attraverso l’esecuzione di un ensemble che interpreta dal vivo questa musica, si vuole restituire una suggestiva scambievolezza tra paesaggio, patrimonio archeologico, monumentale ma anche naturale e visivo, con la presenza degli spettatori in quanto parte sostanziale di un percorso in cui intervengono e si fondano il sonoro, l’immagine che l’immaginario degli stessi spettatori.

 

Il secondo appuntamento sarà quello con “Ulisse racconta Ulisse” di Beatrice Monroy e Vespertino. Quest’ultimo incarna in scena l’abilità e l’astuzia di Odisseo; prima di tutto si presenta con il nome che lui pensa in quel momento sia l’unico a rappresentarlo: il mio nome è odio, dice per iniziare e cominciare a tessere le vicende di un guerriero ma soprattutto di un reduce costretto a compiere un lungo percorso per ritrovare Ulisse e non essere più Odisseo. Così, narra da reduce, tutte le guerre producono reduci, uomini che hanno vissuto l’inferno e che non sono più in grado di tornare indietro. A lui invece, ma non ai suoi compagni che moriranno tutti nel grande viaggio del ritorno durato dieci anni, è concessa questa opportunità. Lui può tornare a casa ma per tornare è necessario che si purifichi e prenda conoscenza del mondo, della madre terra, di tutti gli elementi di cui lui, guerriero, non solo non si è accorto ma verso i quali ha compiuto azioni violente.

 

Il 16 e 17 agosto i Teatri di Pietra torneranno nell’Area Archeologica di Eraclea Minoa (Cattolica Eraclea – AG) venerdì con “Medea” di Luciano Violante con Viola Graziosi e regia Giuseppe Dipasquale e sabato con “La fabbrica degli angeli senza tempo” di Mda Produzioni Danza/ Ass.ne Domenico Scarlatti ambientato nel XVII secolo a Napoli. Tra il Seicento e Settecento la gerarchia sociale poneva i musicisti al livello dei servi, costretti a lavorare per un tozzo di pane. A Napoli e in Italia, la maggior parte della gente viveva in stato di semi-schiavitù, assoggettata a gente straniera. Gli apprendisti delle botteghe musicali, come per l’arte figurativa, erano spesso gli autori reali delle musiche, mentre i compositori di successo, incaricati dai potenti di turno, supervisionavano il lavoro e questo spiega come un compositore riuscisse a comporre in poche settimane una mole immensa di musica. I copisti professionisti mettevano assieme opere con pezzi diversi, traendo temi e brani da materiale preesistente.  Questo il contesto da cui si è partiti per la messa in scena di “La fabbrica degli angeli senza tempo”.  Ci si è concentrati sul Barocco come tempo storico, momento storico attraversato da inquietudini e contraddizioni potenti con eccessi in tutti i campi, da quello artistico a quello scientifico, come nella vita sociale e quotidiana, determinando un diffuso senso di relativismo, di precarietà, di caducità, di morte. Il riscatto è il tema di questo danza teatro, attraverso la musica e le visioni dell’ormai vecchio maestro di musica Nicola Antonio Porpora, ennesimo protagonista dei fasti e dell’oblio di un’epoca tanto straordinaria quanto indifferente ai suoi numerosi artefici.

Nella foto, Vespertino

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