I Servizi Segreti in Italia: dall’omicidio dei fratelli Rosselli alla Transizione Nell’Italia Repubblicana

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Di Santi Maria Randazzo

Dopo la liberazione di Roma e l’istituzione dell’Alto Commissariato per le sanzioni contro il Fascismo, il 19 ottobre 1944, organismo di cui inizialmente avevano fatto parte Carlo Sforza e Mauro Scoccimarro, Commissario Aggiunto per l’Epurazione, si dovette procedere ad una ricomposizione dello stesso organismo per il veto posto dai servizi segreti inglesi sulla sua iniziale composizione, che avevano portato alle dimissioni di Sforza e Scoccimarro, condizione sine qua non posta dagli Inglesi, secondo Davide Pinardi, perché Bonomi avesse il via libera per la costituzione del governo che poi presiedette. (1) La intransigente azione del comunista Scoccimarro, sostenuto da Sforza: ”[…] portò all’apertura di procedimenti di epurazione nei confronti di molti funzionari. Furono messi in congedo assoluto diversi generali per la mancata difesa di Roma, furono arrestati i generali Pentimalli [Riccardo, comandante del XIX corpo d’Armata] e Del Tetto [Ettore, dirigente del comando territoriale] per la mancata difesa di Napoli e si tentò di incriminare lo stesso Badoglio. L’iniziativa di Scoccimarro fu però bloccata dalla reazione all’interno dello stesso governo Bonomi [sollecitata dal SOE] con le dimissioni di due ministri (Soleri e De Courten) e poi dello stesso Bonomi. La sostituzione di Scoccimarro con Gullo nel ricostituito governo Bonomi fu un chiaro segnale che l’epurazione avrebbe segnato il passo.” (2)

Uno dei primi compiti dell’Alto Commissariato fu l’istituzione di un processo per accertare le responsabilità conseguenti alla mancata difesa di Roma nel settembre del 1943 mentre era Capo di Stato Maggiore Badoglio, occupata conseguentemente dai tedeschi, benché in quel momento le forze armate italiane fossero preponderanti rispetto a quelle tedesche. Le indagini esperite nel corso del processo avviato per accertare le responsabilità relative alla mancata difesa di Roma dopo l’8 settembre del 1943, da parte del Giudice Istruttore dell’Alto Commissariato per le sanzioni contro il Fascismo, Italo Robino, produssero casualmente degli approfondimenti informativi sull’omicidio dei fratelli Rosselli  consumato a Bagnoles sur l’Orne in Francia il 9 giugno 1937: delitti imputabili, come si accertò nel corso delle indagini, al Servizio Segreto italiano, il SIM, alle dirette dipendenze politiche di Mussolini, struttura che all’epoca dell’omicidio dei fratelli Rosselli era diretta dal generale Cesare Amé; tali approfondimenti determinarono l’avvio di uno specifico processo. Il giudice Robino era arrivato al generale Amé in seguito al contenuto delle dichiarazioni fatte durante la deposizione del barone Pompeo Aloisi, per molti anni capo di gabinetto di Mussolini nonché ministro degli Esteri italiano. Aloisi, nel corso dell’interrogatorio aveva consigliato al giudice Robino di ricercare le responsabilità del delitto dei fratelli Rosselli anche nei responsabili zonali in Francia del SIM all’epoca dei fatti individuati nel generale Mario Roatta e del suo vice, il colonnello Santo Emanuele. (3) Nel corso delle successive indagini emersero specifiche ed accertate responsabilità dei due responsabili zonali del SIM che portarono all’incriminazione, all’arresto ed, inizialmente, alla condanna sia del generale Roatta che del colonnello Emanuele. Per la conduzione delle indagini il giudice Robino si avvalse, oltre che della Questura di Roma, anche della collaborazione del giovanissimo tenente dei carabinieri Carlo Alberto Dalla Chiesa il cui padre, colonnello Romano Dalla Chiesa, in quel momento era il carabiniere più alto in grado a Roma. (4) Relativamente alla mancata difesa di Roma, nonostante Badoglio avesse dato disposizioni al generale Carboni perché venisse emanato l’ordine di non difendere Roma, a fronte del giudizio che su di lui era maturato nell’opinione pubblica, lo stesso cercò di discolparsi facendo annunciare falsamente da radio-Bari che lui aveva lasciato sei divisioni a difesa di Roma. Ma le cose non erano andate così: nel suo testo “Sotto il segno di S. Miche Arcangelo”, Bino Bellomo ha pubblicato una copia fotostatica dell’ordine che Badoglio fece emanare al generale Carboni. Disponendo che non si difendesse Roma. Così il testo dell’ordine emanato dal generale Carboni:

“STATO MAGGIORE R. ESERCITO

Ore 5,15 – 9 settembre 1943

AL COMANDO DEL CORPO D’ARMATA MOTOCORAZZATO

E, per conoscenza

AL COMANDO CORPO D’ARMATA DI ROMA

Presi gli ordini del Comando Supremo comunico:

  • Situazione est tale da escludere una lunga resistenza delle truppe dislocate attorno alla Capitale contro le truppe germaniche che marciano su di essa.

D’altra parte una prolungata resistenza esporrebbe città e cittadinanza a gravi e sterili perdite.

I.- In conseguenza le truppe attualmente impiegate nella difesa di Roma (esterna e interna), che prendete tutte ai vostri ordini, ripiegano su Tivoli e sulla regione adiacente.

II.- Ripiegate a scaglioni, in ordine, facendo precedere l’insieme da unità che assumano posizione fronte ad est a cavallo di Tivoli.

v.- Orientatevi a proseguire quindi eventualmente verso est.

.- Nella città di Roma debbono rimanere i reparti di CC.RR. e di Polizia, per il mantenimento dell’ordine.

I.- Portate il Vostro Comando in pieno tempo a Tivoli, dove prenderemo contatto con voi.

D’ordine

DEL CAPO DI S.M. DELL’ESERCITO” (5)

Per operare una corretta valutazione storico-politica di quegli eventi e delle modalità con cui si svolse il processo bisogna tener conto, naturalmente, del fatto che in quel preciso momento storico l’Italia si trovava in una condizione di non autonomia politico-decisionale e lo svolgimento del processo risentì, inevitabilmente del: “[…] braccio pesante degli interessi politico-militari degli occupanti, con la pletora dei servizi segreti alleati, ognuno dei quali si schierava a favore di questo o di quello in funzione a volte di grandi scelte strategiche, a volte di simpatie ideologiche o convenienze personali: il Secret Intelligence Service britannico, il SOE (Special Operations Executive) sempre britannico, l’OSS (Office of Strategic Service) statunitense, la sezione SI (Section Area Mediterranean Service) per l’area del Mediterraneo, l’Ufficio X2 (o Strategic Services Unit), il CIC (Counter Intelligence Corps), l’FSO (Foreign Service Officers), le sezioni segrete dei singoli reparti militari … Ciascuno di questi organismi, più o meno autorevoli e rappresentativi, tendeva a pescare quanto gli poteva servire a breve o a lungo termine nei vecchi apparati dello Stato Italiano.” (6)

Nel corso delle indagini risultò facile acquisire informazioni sul generale Roatta mentre, inizialmente, si ebbe una certa difficoltà ad individuare il colonnello Santo Emanuele di cui in quella fase, siamo nei primi giorni del settembre 1944, si conosceva solamente il cognome. Le indagini condotte dal Commissario Clemente della Polizia di Roma ebbero, però, buon esito ed il 15 settembre 1944 poté informare il giudice Robino che il nome del colonnello Emanuele era Santo, che risiedeva a Roma e che: “[…] per vari anni era stato addetto a speciali servizi segreti all’estero e che risultava essere stato molto amico di Ciano.” (7) Il 16 settembre 1944 venne deciso dal giudice Robino e dai commissari della Questura romana che lo collaboravano nelle indagini di ‘invitare’ il colonnello Santo Emanuele in Questura per informazioni, in realtà per procedere al fermo dello stesso. Nel corso dell’interrogatorio al colonnello Emanuele venne contestato l’omicidio dei fratelli Rosselli di cui, in breve tempo, si dichiarò corresponsabile. Dopo aver acquisito la confessione del colonnello Emanuele: “Alle ore 9,30 del giorno seguente i commissari di Polizia Colasurdo e Clemente comunicarono al giudice che il colonnello Emanuele si era reso reo confesso degli assassini di Carlo e Nello Rosselli avvenuti a Bagnoles sur l’Orne nel 1937 e che aveva fatto i nomi dei correi Angioi Paolo, generale dell’Esercito e Navale Roberto, maggiore dei Carabinieri.” (8) Dalle dichiarazioni fatte dal colonnello Emanuele nel corso dell’interrogatorio: “Si seppe che gli organizzatori del duplice assassinio erano stati l’ex Ministro Fascista Galeazzo Ciano e l’ambasciatore Filippo Anfuso, i quali si erano serviti per l’esecuzione del delitto dell’opera delittuosa di alcuni ufficiali addetti alla sezione del controspionaggio militare. Emanuele dichiarò di aver ricevuto il mandato dall’allora colonnello Paolo Angioi e di averlo trasmesso al maggiore dei Carabinieri Roberto Navale, capo del centro di C.S. [controspionaggio] di Torino, il quale, a sua volta, aveva provveduto ad ingaggiare i cagoulards. […] Costoro erano associati ad un movimento clandestino che faceva capo a Pétain e Darland, i quali erano gli ispiratori di una politica militarista simpatizzante per il fascismo e per il nazismo.” (9) Nelle concitate fasi successive all’8 settembre 1943 e prima che Roma fosse liberata dagli alleati avviene un episodio di cui fu protagonista il generale Roatta, fuggito dopo l’8 settembre al sud assieme al Re, la cui interpretazione finalistica non può non far sorgere alcune inquietanti domande sul perché della scelta fatta da Roatta e sui suoi collegamenti con altri servizi segreti. L’episodio è stato accertato dopo l’acquisizione di un documento reso pubblico grazie all’azione del presidente della Commissione parlamentare sul terrorismo e le stragi, Giovanni Pellegrino, che acquisì le carte scoperte da Aldo Giannulli in via Appia a Roma mentre collaborava con la Procura di Brescia e che riguardavano la data della costituzione di quello che veniva definito “Il Noto Servizio” che, successivamente, sarebbe stato definito “L’Anello” per decisione di Giulio Andreotti. (10) Si legge in una informativa ritrovata in via Appia datata 4 aprile 1972: “Questa è la storia di un servizio di informazioni che opera in Italia dalla fine della guerra e che è stato creato per volontà dell’ex capo del SIM [i servizi segreti fascisti, Nda] Generale Roatta. All’8 settembre Roatta si trovava a Roma e fuggì al Sud con il Re Vittorio Emanuele. Per alcuni mesi visse a Bari e a Brindisi pur sapendo che da un giorno all’altro i partiti antifascisti avrebbero chiesto la sua incriminazione. Alla fine del 1943, Roatta presentò ad alcuni suoi fidati collaboratori un ufficiale polacco di origine, che vestiva la divisa dell’Esercito russo e che era giunto al seguito della rappresentanza sovietica presso il governo italiano. Si chiamava Otimsky e da pochi anni vive a Tel Aviv. Quando Roatta fu incriminato e poi arrestato, Otimsky prese il comando del servizio che era costituito da elementi provenienti dall’esercito, dalla marina e dall’aviazione. Compito del servizio fu sempre quello di ostacolare l’avanzata delle sinistre e di impedire una sostanziale modifica della situazione politica italiana.” (11) L’informativa, prodotta originariamente nel contesto della relazione del giudice istruttore Felice Casson alla commissione inquirente presieduta da Libero Gualtieri nel 1990, con cui si collegava Gladio al SID parallelo, era stata trasmessa dal capo dell’ufficio D del SID, Gianadelio Maletti, ed era datata 4 aprile 1972. (12) Otimski: […] veniva in seguito identificato in Nahum Hotimsky, cittadino russo di origini ebraiche, naturalizzato cittadino belga nel 1958 (Chambre des Representants du Belgique – Commission des Naturalisations – Session 1958-1959, 25 novembre 1958, p.34). Facevano parte del gruppo [Noto Servizio e successivamente Anello] personaggi di provata fede fascista, come il frate francescano Enrico Zucca, trafugatore del corpo di Mussolini, il costruttore Sigfrido Battaini, l’ex aviatore Adalberto Titta e l’investigatore privato Tom Ponzi. Anello ha operato nei giorni del sequestro Moro, durante il sequestro del democristiano Ciro Cirillo nel 1981 e nella fuga del criminale nazista Herbert Kappler.” (13) In questo specifico momento storico caratterizzato dalla consapevolezza da parte degli anglo-americani che a breve la guerra sarebbe finita con la sconfitta della Germania nazista, si registra una diversificazione delle posizioni inglese e americana rispetto al futuro assetto politico che dovrà avere l’Italia, nazione a cui Churchill impedirà di avere riconosciuto lo status di cobelligerante, nell’immediato dopoguerra. Mentre gli americani sono fortemente orientati a sostenere l’insediamento di un governo repubblicano e democratico, gli inglesi cercano con ogni mezzo di sostenere le formazioni partigiane ed i movimenti politici che fanno riferimento alla monarchia, sostenendole con armi e mezzi finanziari. Siamo al 20 ottobre 1944 allorquando viene scoperto un attentato organizzato contro il governo Bonomi che può essere considerato il primo episodio classificabile come atto organico ad una strategia della tensione antelitteram. L’attentato al governo Bonomi: “Doveva compiersi tutto la mattina del 20 ottobre 1944. Ma la notizia trapelò: sessanta chili di tritolo erano stati piazzati in un armadio del Viminale, proprio nella sala in cui di lì a pochi minuti si sarebbe riunito il governo esapartito di unità nazionale (democristiani, comunisti, socialisti, azionisti, liberali e democratici del lavoro) presieduto da Ivanoe Bonomi. SE l’esplosivo non fosse stato scoperto in tempo, ci sarebbe stata una strage di ministri, fra i quali il democristiano Alcide De Gasperi e il comunista Palmiro Togliatti. Ma chi aveva progettato quell’attentato? E perché? E come fu sventato?” (14) Bonomi impose il segreto a tutti i membri del governo sull’accaduto; l’episodio, venne a conoscenza dei servizi segreti angloamericani che incaricarono il maggiore italoamericano Mario Brod, di stanza a Roma, di condurre una rigorosa indagine. Secondo il rapporto del maggiore Brod, consegnato il 1° marzo 1945, l’attentato:” […] mirava ad annientare l’intero governo e tutti i leader dei partiti che lo sostenevano, accertò l’ufficiale del Cic. Che si era basato – è bene ripeterlo – su autorevoli fonti confidenziali ai vertici del Partito d’azione. Ma chi aveva interesse a compiere quella strage così spettacolare nelle sue modalità e così devastante dal punto di vista delle conseguenze politiche che avrebbe provocato? Sicuramente le ‘forze antidemocratiche’ attive nell’Italia liberata, fu la conclusione di Brod. Il quale ne indicò almeno quattro, quelle su cui aveva indagato. In primo luogo, la ‘quinta colonna nazista’, cioè le cellule di sabotatori tedeschi e repubblichini di Salò lasciate dietro le linee alleate, durante la ritirata verso nord, per compiere azioni terroristiche [rete invasione]. Poi, i ‘settori filofascisti e monarchici di estrema destra che stanno fuoi dal Cln’, ossia il Partito democratico italiano (fondato nel giugno del 1944, sarebbe poi confluito nel Partito liberale), lo stato maggiore dell’esercito e il Sim, il servizio segreto militare italiano, e tutte quelle organizzazioni che si stavano riunendo sotto l’ombrello del re.” (15) Al fine di contestualizzare più ampiamente gli avvenimenti che caratterizzeranno le diverse strategie che da allora in poi fin nel 1981 esplicheranno i loro effetti nella transizione dei servizi segreti del regime fascista al dopoguerra, appare utile riportare quanto scritto da Paolo Cucchiarelli e Aldo Giannulli: “Il 22 ottobre 1944 a Milano, i servizi segreti della RSI varano il ‘piano Graziani’ che prevede l’infiltrazione nei partiti antifascisti dopo la sconfitta. Il 16 novembre 1944 il Sim è sciolto e sostituito da una struttura provvisoria controllata dagli agenti dell’OSS. Il 21 marzo 1945 a Padova, in attuazione del Piano Graziani, viene costituito il coordinamento della rete clandestina destinata ad operare dopo la sconfitta.” (16)  L’ottobre del 1944 è una data fondamentale per la storia dei servizi segreti angloamericani e italiani: servizi che in Italia vengono affidati alla gestione di James Jesus Angleton che potrà contare anche sulla disponibilità operativa del famoso Battaglione 808, composto in massima parte da ufficiali dei Carabinieri. Nell’ottobre 1944 J.J. Angleton viene trasferito da Caserta, dove operava in quel momento, a Roma nella sede dell’intelligence angloamericana di via Sicilia. E: “In via Sicilia operavano proprio i due organismi dai quali dipendeva il Battaglione 808, su cui il maggiore Brod stava indagando per la mancata strage del governo Bonomi. Il primo era l’X-2. La sezione del controspionaggio dell’OSS, il Servizio Segreto USA in tempo di guerra. Il secondo era l’Unità Z della Special Counter Intelligence […] [Angleton]Trasformò l’Unità Z in una sorta di Servizio segreto privato che rispondeva direttamente a lui e ai suoi grandi amici londinesi, Kim e Victor. E di cui il Battaglione 808 dell’esercito italiano costituiva uno dei bracci operativi. I capi di quella sezione del controspionaggio italiano, il maggiore Renzo Bonivento e il maggiore Giuseppe Dotti, avevano i loro uffici proprio accanto a quelli dell’Unità Z.” (17) Appena insediatosi nella sua nuova sede, a Roma, Angleton recluta al suo servizio il più potente e nascosto dei massoni italiani che tanta parte avrà nelle vicende che attraverseranno l’Italia fino al 1948: Giuseppe Gambareri, detto ‘Cagliostro’. Gambareri: “Si faceva chiamare in molti modi. Meglio se con nomi in codice: ’Entità X, il Mago, il Colonnello, Elio, Cagliostro, Cagliostro, appunto e così via.” (18) Il nome di Gambareri: “[…] non fa quasi mai capolino persino nei testi più accreditati della storia della massoneria. Eppure, benchè sottovalutato, ebbe un ruolo rilevante. Manovrò militari e uomini politici, alti burocrati dello Stato e agenti segreti, massoni e industriali, fascisti e forze ‘usa e getta’ costituite per l’occasione. Un gioco a tutto campo, da agente doppio e triplo di primissimo livello. Muoveva le sue pedine con una disponibilità di mezzi finanziari senza precedenti. Ed era in missione per conto di James Angleton e del Secret Intelligence Service britannico.” (19)

Uno dei compiti affidati ad Angleton fu quello di riorganizzare la massoneria italiana, unificarla e dotarla di una dirigenza in cui non fossero presenti elementi troppo coinvolti nel passato regime fascista e sottoporla alla ‘obbedienza’ della massoneria angloamericana. Le difficoltà incontrate a unificare le varie massonerie italiane, dovute principalmente alla posizione della massoneria francese contraria a riciclare soggetti di estrema destra e legati al passato regime fascista, indussero Angleton a promuovere una scissione nella massoneria di piazza del Gesù, costituendo, così, la nuova massoneria di Palazzo Bernini, utilizzando, per portare in porto tale operazione, il gran maestro massone Raul Palermi che, dietro imput di Angleton, ricostituì la rete che aveva collaborato con Palermi durante il ventennio. Portata a termine l’operazione di costituire una massoneria controllabile dai servizi segreti angloamericani, Angleton procedette ad eliminare dalla scena i personaggi più compromessi con il fascismo, compreso lo stesso Palermi: “E così, concluso il lavoro di ritessitura, Palermi fu ‘licenziato’ insieme ad altri impresentabili e sostituito con un personaggio apparentemente più scolorito, con un pedigree non riconducibile direttamente al passato fascista ma legato a quella storia; il catanese Pietro Di Giunta [che mantenne tale carica fino al 1947]. E intorno a lui furono chiamati quasi tutti i massoni di piazza del Gesù che avevano lavorato clandestinamente per Mussolini e per l’Ovra, ma che non erano notoriamente fascisti. La nuova massoneria di Palazzo Bernini vide la luce, se così si può dire, nel gennaio del 1946 ed ebbe subito il ’riconoscimento di tutti i poteri massonici internazionali’ direttamente collegati alla centrale angloamericana del rito scozzese antico ed accettato.” (20) La riunificazione delle varie anime della massoneria italiana: “[…] sotto il comando delle logge anglosassoni fu portato a termine verso la fine del 1946, secondo un documento top secret dei Servizi italiani (datato ‘Roma 1947’) rintracciato negli archivi americani. L’agente che lo aveva redatto riferiva che Palazzo Bernini aveva ormai ‘assunto l’aspetto di una organizzazione di qualche importanza’ e cominciava a disporre ‘di grandi locali e di adeguati fondi’. Di più: il suo ‘sistema di gerarchia’ stava riprendendo ‘a essere efficace’ e a emanare ‘leggi e decreti per gli adepti come se fosse uno Stato nello Stato’. Uno Stato nello Stato. Un embrione del Deep State, appunto, formatosi non necessariamente in contrapposizione con i poteri ufficiali e con le loro articolazioni politico-istituzionali. Ma con l’obiettivo programmatico di occuparne i gangli vitali e di condizionarne le attività e le strategie sul lungo termine. Con ogni mezzo, anche con quelli illegali e violenti pur di raggiungere lo scopo.” (21) Ma anche la massoneria di piazza del Gesù non resta inattiva; sempre nel 1946 vi è l’ingresso di un personaggio che avrà ruoli di primo piano in vicende legate al mondo dell’eversione e della P2, il principe Giovanni Alliata che, successivamente entrerà in contrasto con Licio Gelli. Alliata: “[…] viene iniziato nella loggia ‘Aurora’ di Palermo, […].” (22) Nel mentre Angleton lavorava per ricostituire la rete della massoneria italiana e sottoporla al controllo del servizio segreto inglese, dopo averne espulso coloro che risultavano troppo compromessi con il regime fascista, ebbe modo di scoprire l’esistenza di un servizio segreto della RSI, mascherata come una società segreta la ‘Carboneria’, altrimenti indicata col nome di ‘Tupin’. Nel rapporto del maggiore John C, Cristal, incaricato da Angleton di indagare sulla società segreta ‘Carboneria’, scrisse: “[…] che la ‘carboneria’ era ‘un’organizzazione segreta fascista mussoliniana’ nata nel luglio del 1944. Il suo scopo era quello di ‘perpetuare il fascismo sotto mentite spoglie’, in vista della ‘imminente’ disfatta nazista. Mentite spoglie? Già, spiegò il maggiore, si era subito attivata per piazzare i suoi membri ‘ai vertici del Cln, dell’industria e dell’esercito nell’Italia liberata. Si era sviluppata in tutta la penisola attraverso una rete formata da ‘pentarchie’, ossia cellule composte ognuna da cinque membri. [per attuare] ‘una infiltrazione nel campo avversario’, facendo in modo che i membri più ‘capaci’ della setta segreta giungessero a ricoprire ‘incarichi governativi di primo piano ’ nell’Italia antifascista.” (23) In breve tempo Angleton e i suoi agenti riuscirono a ricondurre la ‘carboneria’ sotto il loro diretto controllo, assorbendo i suoi adepti nel Deep State del SOE.  Tra il 1944 ed il 1946 Angleton ed i suoi agenti riuscirono a riciclare: “[…] nei propri apparati la rete dell’Ovra fascista, impossessandosi del poderoso archivio allestito durante il Ventennio. Un colpo sensazionale per gli effetti che avrebbe provocato nei decenni successivi sulle vicende interne del nostro paese. Perché sarebbe stato non solo fonte di un lungo gioco di ricatti e di intossicazione della vita pubblica. Insieme a spezzoni del vecchio battaglione 808 dei carabinieri, infatti, quel colpo avrebbe partorito una sorta di cabina di regia della strategia della tensione, tra la fine degli anni Sessanta e buona parte dei Settanta del Novecento: il famigerato Ufficio affari riservati del ministero degli Interni, diretto per lungo tempo da Federico Umberto D’Amato.” (24)

Ma torniamo al processo per l’uccisione dei fratelli Rosselli. Il giorno dopo il suo arresto, il colonnello Emanuele fu sottoposto ad interrogatorio da parte del giudice Robino, trovando l’imputato disposto a collaborare, anche se nel corso del primo interrogatorio, data 17 settembre 1944, le dichiarazioni rese dall’Emanuele furono parziali, come si ebbe modo di accertare in seguito. Furono, comunque, dichiarazioni importanti e permisero di svelare la catena di comando attraverso la quale era transitato e reso operativo l’ordine di eliminare Carlo Rosselli, in verità l’obiettivo del commando era proprio il solo Carlo Rosselli: Nello Rosselli fu ucciso perché si trovava assieme al fratello e quindi testimone oculare da eliminare. In particolare il colonnello Emanuele parlò del ruolo avuto dal generale Pariani quale elemento di collegamento con: “[…] il circolo Ciano-Anfuso-Bocchini, dal quale, quasi sempre, erano partite le iniziative relative ai delitti perpetrati dal fascismo. Quanto al SIM, bisognava tener presente, disse, che all’epoca in cui avvennero i fatti in oggetto, l’organismo era stato del tutto asservito al fascismo ad opera specialmente dei generali Carbone ed Amé, i quali avevano tentato di farne una speciale superpolizia politica, collegatissima con l’OVRA con la quale era stata stabilita una stretta collaborazione.” (25) Sempre nel corso di questo secondo interrogatorio il colonnello Emanuele mise in luce il ruolo di primissimo piano del generale Roatta che, affermò, era stato l’emissario di Mussolini in Spagna ed in Germania, dove aveva avuto stretti contatti con l’ammiraglio Kanaris, con il quale avevano ideato e realizzato un piano, poi accettato da Mussolini, per unificare i servizi segreti di Italia e Germania. Ma l’accordo che ne seguì si rivelò: “[…] presto disastroso per l’Italia, poiché l’invadenza e la prepotenza tedesca in breve riuscirono a togliere al nostro servizio d’informazioni la sua effettiva autonomia.” (26) Alcune delle accuse mosse dal colonnello Emanuele ai vertici politici e militari, che aveva indicato precise responsabilità del generale Carbone, erano particolarmente gravi e necessitavano di essere sostenuti da altre testimonianze e da documenti che comprovassero quanto affermato dal colonnello Emanuele. Le iniziali verifiche condotte da Robino anche nel corso di un colloquio con il generale Messe, non produssero l’acquisizione di nessuna ulteriore notizia utile per lo svolgimento del processo. Dopo vari tentativi infruttuosi Robino decise: “[…] di iniziare un’accurata visita agli archivi dei vari ministeri nella speranza di trovarvi qualcosa di utile, e cominciò da quello del Gabinetto del Ministero della Guerra.” (27) Inizialmente la ricerca effettuata da Robino presso il Gabinetto del Ministero della Guerra non dettero alcun risultato utile ai fini del processo, poi, ai primi di novembre del 1944, grazie ad una segnalazione dell’ingegnere Almagia che stava conducendo un’altra inchiesta su incarico dell’Alto Commissariato, Robino poté esaminare un fascicolo intestato personalmente al colonnello Emanuele dove erano custoditi documenti che attestavano in modo certo ed inequivocabile, dato che erano dichiarazioni che lo stesso Emanuele aveva sottoscritto in un ricorso presentato per la mancata nomina a generale, la sua responsabilità e di Roatta in decine e decine di disegni criminosi. In particolare in una relazione contenuta nel fascicolo:” […] recante la data del 3 febbraio 1937, [che] faceva seguito alla prima, alla quale espressamente si riferiva, ed appariva ancora più impressionante. In essa, infatti, che si leggeva con stupore e con sdegno il progetto dell’assassinio di Carlo Rosselli definito ‘azione particolare su persona incomoda’ ed ancora in essa si leggevano, fra decine e decine di disegni criminosi, le tariffe-premio stabilite per ogni singola ipotesi delittuosa. In questo secondo documento, la prova della responsabilità del generale Roatta veniva ancora una volta ribadita poiché recava alcune correzioni a penna sulla originaria scrittura a macchina fatta dall’Emanuele dopo un colloquio avuto col generale in Spagna.” (28) Il 12 marzo 1945, a conclusione del dibattimento iniziato il 22 gennaio 1945 per il processo per l’uccisione dei fratelli Rosselli a carico del generale Mario Roatta e del colonnello Santo Emanuele, dopo la conclusione delle indagini da parte del giudice Italo Robino, l’Alta Corte di Giustizia Italiana accolse la richiesta del Pubblico Ministero Mario Berlinguer, padre di Enrico Berlinguer, Alto Commissario aggiunto per le sanzioni contro il fascismo, condannando il generale Mario Roatta e il colonnello Emanuele alla pena dell’ergastolo. (29) Ma chi erano Mario Roatta e Santo Emanuele? Mario Roatta fu un: “Militare pluri-decorato durante la prima guerra mondiale, poi addetto militare in Polonia e in Scandinavia […] capo del SIM dal 1934 al 1937, e guida la sezione speciale di controspionaggio che si incarica di effettuare atti di sabotaggio e attentati all’estero. Dall’agosto 1936 è in Spagna, dove comanda il contingente italiano inviato a supporto di Franco. In questo periodo il generale Angioi gestisce il SIM, anche se Roatta resta il titolare dell’incarico. Dal Novembre del ’39 è addetto militare a Berlino, dove segue da vicino lo scoppio della guerra. Nel 1940 torna in Italia. Dal ’41 al ’42 diventa capo di Stato Maggiore e, quindi, viene inviato come comandante di armata in Slovenia, dove si distingue per la crudeltà dimostrata nella lotta contro i partigiani e contro chiunque dia loro sostegno e riparo, meritandosi il soprannome di ‘bestia nera’. Tornato in Italia, guida la VI armata in Sicilia dove, prima di essere destituito a seguito della condanna per il delitto Rosselli, il 26 luglio del 1943 emette una circolare nella quale si dà ordine all’esercito di intervenire con la forza durante ogni tipo di manifestazione. A seguito di questa ordinanza muoiono centinaia di civili. Il 9 settembre del 1943 fugge da Roma con il Re Vittorio Emanuele III e il generale Badoglio, riparando nel sud Italia. Nel 1944 viene arrestato per la mancata difesa di Roma e nel 1945 per il delitto dei fratelli Rosselli. Dopo la fuga dall’ospedale militare ripara prima in Vaticano e, quindi, in Spagna. Prosciolto nel 1948, torna in Italia soltanto nel 1966. Muore a Roma nel 1968.” (30) Santo Emanuele: “Partecipa alla prima Guerra mondiale come ufficiale. Dal 1917 è nell’Arma dei Carabinieri. Viene quindi distaccato al SIM, dove svolge un ruolo importante nel controspionaggio, sotto il comando del generale Roatta e del suo sostituto Paolo Angioi, e mantiene i collegamenti con il Ministero degli Esteri. Dal 1940 al 1941 assume la direzione della terza sezione del SIM, che deve poi abbandonare per abuso di potere e ammanchi di cassa. Combatte contro queste accuse, ma dovrà dimettersi dall’arma alla fine del 1941. Dopo la fine della guerra viene reintegrato, ma lo stesso giorno in cui dovrebbe prendere servizio viene arrestato in quanto coinvolto nell’omicidio Rosselli e per altre azioni ed attentati in Spagna e in Francia di cui è ritenuto responsabile. Condannato all’ergastolo dall’Alta Corte di Giustizia nel 1945, viene poi prosciolto nel 1949 per insufficienza di prove. Muore a Catania nel 1977.” (31) Giuseppe Cambareri ai vertici della Massoneria mondiale, altrimenti detto anche l’Entità X, venne accusato dalla stampa vicina alla Democrazia Cristiana ed al CLN di: “[…] aver organizzato la fuga dal carcere (1945) del generale Mario Roatta.” Cambareri:” Di origini calabresi (nacque a Solano di Scilla, in provincia di Reggio nel 1901), emigrò con la famiglia in Argentina, a Buenos Aires, quando non era che un adolescente. [nel 1919] rientrò in Italia per arruolarsi nei Fasci di combattimento e nelle squadre d’azione mussoliniane, in Lombardia. […] Nel 1930 l’incontro che diede una svolta alla sua vita: l’affiliazione alla massoneria e alla Società teosofica, uno dei canali esoterici attraverso i quali l’intelligence britannica influenzava le élite dei paesi di interesse strategico per il Regno Unito. (32) La certezza dell’utilizzo delle varie società esoteriche, finalizzato a condizionare politicamente altri Stati, da parte dei servizi segreti inglesi e del suo potere condizionante utilizzando personaggi quali Giuseppe Cambareri, si ebbe nel 1965 a seguito delle rivelazioni di Bino Bellomo, un ex capitano del Sim. Bellomo in un suo libro” […] sostenne che la missione di Cambareri in Italia, a partire dal 1934, rispondeva agli ordini diretti dei circoli massonici ed esoterici più potenti dell’impero britannico. Ed era un incarico di lungo periodo – sappiamo da altre fonti – che prevedeva sia il risveglio della massoneria italiana attraverso la creazione della ‘fratellanza dei rosacroce’, sia l’organizzazione di una rete occulta ostile a Mussolini, ma all’interno dello stesso regime. Una strategia ‘entrista’, insomma, che puntava all’occupazione rosacruciana dei gangli strategici del potere fascista.” (33) Ben presto, sponsorizzato dai principali gerarchi del regime, Cambareri divenne il contatto sotterraneo segreto tra il fascismo filoinglese, che non gradiva l’alleanza con la Germania nazista, rappresentato ai vertici da Badoglio e Inghilterra e America. “E nel settembre 1939, quando la Germania nazista si fece ancora più aggressiva e il duce subiva sempre più l’abbraccio mortale di Hitler, Badoglio affidò a Cambareri l’incarico di stabilire un contatto diretto con Roosevelt. Era urgente comunicare al presidente americano un concetto ben chiaro: la stragrande maggioranza delle gerarchie militari italiane si opponeva con forza all’alleanza con la Germania e alla guerra contro la Gran Bretagna, ed era quindi pronta a rovesciare Mussolini.” (34) Badoglio:” […] Sapeva abbastanza di cose militari per comprendere la debolezza dell’esercito italiano, numeroso ma privo di equipaggiamento moderno e malamente addestrato; sapeva che le varie milizie fasciste non valevano nulla dal punto di vista militare, anche se lo Stato aveva concesso loro un trattamento di favore. Fin dal 1940 aveva compreso che una vittoria tedesca, data la enorme sproporzione tra la forza della Germania e quella dell’Italia, avrebbe danneggiato l’Italia non meno di una sconfitta italiana: e aveva dato le dimissioni dalla carica di capo di stato maggiore. Quanti nella nazione s’interessavano a quello che succedeva, ritenevano Badoglio un antitedesco; godeva di vasta popolarità fra i fiancheggiatori; anche nelle masse popolari, particolarmente nel suo Piemonte, molti lo consideravano con simpatia.” (35)

Negli anni che seguono la fine della seconda guerra mondiale e l’avvio della cosiddetta Guerra Fredda si assiste alla creazione da parte dei servizi segreti angloamericani di numerosi gruppi eversivi che hanno come scopo principale la lotta al comunismo, le cui sigle sono apparentemente classificabili come organizzazioni dell’estrema sinistra ma che in realtà rispondono ai servizi segreti USA, Inglesi e Tedeschi, come la ‘Gehlen Organization’. L’unitarietà organica dei vari gruppi eversivi era emersa nel corso dell’indagine sulla Rosa Dei Venti e, successivamente: “L’inquadramento unitario dei gruppi e l’utilizzo strumentale di nomi e sigle differenti prevalentemente a scopo di tutela sarebbero stati magistralmente ricostruiti nella sentenza 08.11.2011 della Corte di assise d’appello di Venezia (presidente Michele Curato, estensore Luigi Lanza) su Ordine Nuovo nel Triveneto […].” (36)

Una data fondamentale della strategia della tensione è costituita dalla strage di piazza Fontana, a Milano, il 12 dicembre 1969 che innesca una ulteriore strategia organizzativa, probabilmente già prevista e programmata, di gruppi che apparentemente sono collocabili a sinistra, oltre che nell’estrema destra e che vedranno come interpreti principali l’editore Feltrinelli e Edgardo Sogno che nel 1970 torna in Italia dalla Birmania e si da fare immediatamente per organizzare un fronte clandestino anti PCI, disposto a utilizzare ogni mezzo. Chiamando a raccolta i commilitoni della Franchi e dopo un primo incontro a casa sua a Torino: “Tre settimane dopo, il 30 maggio [1970] l’incontro si ripete. Ma in una sede diversa, in una villa di Biuno, nel varesotto. Il proprietario è l’architetto Guglielmo Mozzoni, marito di Maria Giulia Crespi, all’epoca proprietaria del ‘Corriere Della Sera’. Si discute sulla necessità di fare qualcosa, di non rimanere con le mani in mano, di passare all’azione, insomma. Ma come? Anzitutto esercitando tutta la pressione possibile per spostare l’asse della politica italiana verso il centro. E lo strumento organizzativo per farlo sono i Comitati di resistenza democratica, di cui si decreta la nascita seduta stante.” (37) Alla riunione della villa di Biuno del 30 maggio 1970 sono presenti, oltre i ‘magnifici 20’ della Franchi: “[…] Paolo Brichetto Arnalboldi (padre del futuro sindaco di Milano, Letizia Moratti), l’editore Ugo Mursia, il ‘cliente’ dell’IRD Domenico Bartoli, il magistrato Adolfo Beria d’Argentine e un certo Roberto Dotti.” (38) Ma chi era Roberto Dotti, colui che in seguito sarà l’uomo-cerniera tra i servizi segreti anglo-americani e le Brigate Rosse? Roberto Dotti: “Partigiano comunista, subito dopo la guerra dirige l’ufficio quadri del PCI. Nel 1952 la polizia sospetta che abbia partecipato, con alcuni compagni della famigerata ‘Volante Rossa’ (un’organizzazione paraterroristica legata al PCI), all’omicidio della Fiat Erio Codecà. Ma Dotti riesce a sottrarsi alla cattura e scappa in Cecoslovacchia. E chi lo aiuta a fuggire? Pietro Rachetto, un ex partigiano della ‘Franchi’ e collaboratore di Sogno nei primi anni Cinquanta, all’epoca del movimento Pace e Libertà. A Praga, Dotti incrocia un altro elemento ricercato in Italia perché responsabile di alcuni delitti politici commessi dopo la guerra, ossia l’ex capo partigiano Francesco Moranino. Dopo qualche tempo, insabbiata l’inchiesta sull’attentato a Codecà, Dotti rientra a Torino. Sogno, intanto, ha rotto i rapporti con Luigi Cavallo, uno dei suoi più stretti collaboratori di Pace e Libertà e ‘cliente’ dell’IRD, e lo sostituisce con Dotti. Chiusa quell’esperienza, nel 1958 Dotti entra nella redazione di ‘Comunità’, la rivista dell’omonimo movimento politico di un altro collaboratore del SOE, Adriano Olivetti. Il quale, dopo qualche tempo, gli trova un posto come direttore della ‘Terrazza Martini’ di Milano, il salotto mondano dell’intellighenzia cittadini. E qui lo riabbraccia Sogno, al suo rientro dalla Birmania. Una storia che riserva ulteriori sorprese. Già perché fra la Terrazza Martini e i Comitati di resistenza democratica, negli anni 1970-1971 Dotti svolge una terza attività: seleziona, diciamo così, il ‘personale’ per le neonate Brigate Rosse. E’ proprio a lui [sotto copertura] che Mara Cagol, la compagna di Renato Curcio, cofondatore con Alberto Franceschini delle Br, consegna periodicamente i questionari compilati dagli aspiranti brigatisti. [stesse modalità di ammissioni per gli aspiranti Piduisti di Gelli] Né lei, né Curcio, né Franceschini sospettano nulla.” (39)

 

 

 

 

 

Bibliografia:

  • Davide Pinardi in prefazione a Clara Conti – Servizio Segreto. Cronache e documenti dei delitti di Stato – Donatello De Luigi Editore – ODRADEK Ed., Roma 2010, p. V.
  • Elena Aga Rossi – Una Nazione allo sbando – Editrice Il Mulino – Bologna 2003, p. 27.
  • Clara Conti – Servizio Segreto. Cronache e documenti dei delitti di Stato – ODRADEK Ed., Roma 2010
  • Clara Conti – Servizio Segreto. Cronache e documenti dei delitti di Stato. ODRADEK Ed., Roma 2010
  • Bino Bellomo – Sotto il segno di S. Miche Arcangelo – ALFA Edizioni – Bologna 1965.
  • Clara Conti – Servizio Segreto. Cronache e documenti dei delitti di Stato. ODRADEK Ed., Roma 2010, p. VII.
  • Idem – pp. 12-13.
  • Idem – p.15.
  • Idem – pp. 16-17.
  • Stefania Limiti – L’Anello della Repubblica – Ed. Chiarelettere, Milano 2018, p. 25.
  • Stefania Limiti – L’Anello della Repubblica – Ed. Chiarelettere, Milano 2018, p. 23.
  • Giovanni Tamburino – Dietro tutte le trame – Donzelli Editore – Roma 2022, p. 71.
  • Giovanni Tamburino – idem, p. 71.
  • Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Ed. Chiarelettere, Milano 2020, p. 29.
  • Idem – pp. 30-31.
  • Paolo Cucchiarelli – Aldo Giannulli – Lo Stato parallelo – Gamberetti Editrice, Roma 1997, p. 409.
  • Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Ed. Chiarelettere, Milano 2020, pp. 34-35.
  • Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Ed. Chiarelettere, Milano 2020, p. 77.
  • Idem – pp. 77-78.
  • Idem – pp. 52-53.
  • Idem – pp. 53-54.
  • Piera Amendola – Padri e Padrini delle Logge Invisibili. Alliata, Gran Maestro di Rispetto – Castelvecchi Ed. – Roma, 2022, p. 13.
  • Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Ed. Chiarelettere, Milano 2020, pp. 54-55.
  • Idem – p. 57.
  • Clara Conti – cit. – pp.20-21.
  • Idem – p. 22.
  • Idem – p. 41.
  • Clara Conti – Servizio Segreto. Cronache e documenti ei delitti di Stato. ODRADEK Ed., Roma 2010, p.59.
  • Clara Conti – Servizio Segreto. Cronache e documenti ei delitti di Stato. ODRADEK Ed., Roma 2010
  • Margherita Marcheselli – Note biografiche in Clara Conti – cit., p. 180.
  • Margherita Marcheselli – Note biografiche in Clara Conti – cit., 179.
  • Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le menti del doppio Stato – Chiarelettere ED. – Trebaseleghe (PD) – 2020, pp. 77-78.
  • Idem – p. 80.
  • Idem – p. 88.
  • Massimo Salvadori – Storia della Resistenza Italiana – Neri Pozza Editore – Venezia 1955, pp. 54-55.
  • Giovanni Tamburino – Dietro tutte le trame – Donzelli Editore – Roma 2022, p. 57.
  • Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Il Golpe Inglese – Chiarelettere Editore – Milano 2020, p. 243.
  • Idem – p. 244.
  • Idem – pp. 246-247.

Nella foto, di James Jesus Angleton tratta tal testo di Max Corvo – OSS ITALY 1942-1945 – Enigma Books – New York – 2005

 

 

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