Roberto Mistretta
Ci sono scrittori che hanno il raro dono dell’ironia. Salvo Zappulla coniuga questo dono ad un’estrema capacità di sintesi, sorretta da una scrittura elegante e scorrevole nella sua immediata semplicità, che ne rendono la prosa godibile e arguta. In questa sua fatica, “Lo strano caso dei sogni rubati”, rivela invidiabili capacità inventive e spumeggiante verve, muovendo il lettore al riso amaro e smorzando i toni da melodramma che ci apparecchia per mezzo dei suoi protagonisti.
Tipica della scrittura di Zappulla, è la rappresentazione di uno spaccato di sicilianità, che in definitiva diventa campionario paradigmatico dell’intera umanità, coi suoi vizi e i suoi peccati, che l’autore stempera nell’autoironia.
Zappulla coltiva con la notte in generale e i sogni in particolare, rapporti privilegiati, appartenendo a quella categoria di scrittori visionari che hanno raccolto, nella normalità dell’assurdo, la lezione di Dino Buzzati e, nell’autocostruzione continua dell’universo, l’insegnamento di Italo Calvino, autori a cui il nostro non nasconde di ispirarsi.
Ne “Lo strano caso dei sogni rubati”, delizioso romanzo, la trama si svolge di notte. Notte amica, silenziosa e magica. L’autore ama la notte perché solo di notte può sognare e fantasticare e volare in alto, lassù tra la luna e le stelle e anche oltre, per guardare dritto negli occhi il Grande Burattinaio dell’umana commedia della vita. Zappulla però sembra ammonirci a non dimenticare mai da dove veniamo e dove siamo chiamati a schiantarci, e non solo per mera forza di gravità, quanto piuttosto per una condizione che, come ci ricorda Pascal, è propria di ogni creatura umana: Desideriamo la verità e non troviamo in noi se non incertezza. Cerchiamo la felicità e non troviamo se non miseria e morte. Tale aspirazione ci è lasciata sia per punirci sia per farci sentire di dove siamo caduti”.
Siamo in Sicilia, paese di Ficodindia. Dopo una giornata di luce e arsura, finalmente la notte. E il riposo. Palpebre che si serrano e uomini che sognano, liberi dai gravami diurni, e diventano puledri selvaggi, criniere al vento e frementi ungule a mordere le immense praterie dei desideri inconfessati, custoditi, amati e, solo nei sogni, finalmente liberati. Ma che succede se qualcuno trova il sistema di depredare i sogni e tali ruberie si ripetono notte dopo notte, tra la povera gente di Ficodindia, dove, i poveri diventano così ancora più poveri, impossibilitati a sognare?
Che succede se ad un uomo, togli anche i sogni?
Che rimane di lui, di noi?
Scrittore di profonda umanità con le sue caricature/creature letterarie, capaci di rimanere a lungo nella nostra memoria, Zappulla muove il lettore al riso e alla riflessione, per esorcizzare le nostre paure, tenendoci ben stretti solo a ciò che può farci volare seppure non possediamo le ali: le nostre aspirazioni più profonde, le speranze. In una parola, i nostri sogni.