E’ possibile rendere le cosiddette cellule natural killer più ‘intelligenti’ nel riconoscere il tumore del colon-retto e nell’attaccarlo selettivamente, risparmiando così i tessuti sani ed evitando l’insorgenza di gravi effetti collaterali. Grazie, infatti, all’aggiunta di un recettore detto Car (chimaeric antigen receptor) diretto contro un bersaglio sul tumore, le cellule killer possono essere in grado di sollevare il ‘mantello dell’invisibilità’ dietro il quale le cellule tumorali riescono a nascondersi e a proteggersi. A dimostrare le potenzialità di questo nuovo approccio contro il cancro al colon-retto, un tumore che in Italia colpisce circa 50mila persone all’anno, sono due studi condotti dai ricercatori dell’Istituto di Candiolo, Torino, uno pubblicato su Molecular Therapy e un altro in corso di pubblicazione sul Journal of Translational Medicine. Entrambi i lavori sono stati condotti nell’ambito del progetto Car-T nazionale di Alleanza contro il Cancro.
“Le natural killer sono un particolare tipo di cellule immunitarie, che pattugliano il corpo, e quando individuano una cellula cancerosa la attaccano e la distruggono, prevenendo la crescita del tumore”, spiega Enzo Medico, direttore del Laboratorio di oncogenomica dell’Istituto di Candiolo. “Talvolta però le cellule tumorali trovano il modo per sfuggire a queste sentinelle: diventano ‘invisibili’ e creano un ambiente sfavorevole per le natural killer, evitando così che queste le riconoscano e distruggano. Grazie a queste contromisure il tumore riesce a svilupparsi ed evolvere, con le conseguenze che tutti conosciamo”. I due nuovi studi descrivono due modi diversi per indirizzare le cellule Nk contro i tumori del colon-retto. In entrambi i lavori sperimentali le cellule sono state ‘armate’ con un recettore Car in grado di riconoscere e attaccare solo le cellule del tumore del colon-retto.
Più nel dettaglio. Nel primo lavoro, in corso di pubblicazione sul Journal of Translational Medicine, è stato introdotto un Car contro il bersaglio mesotelina, già testato per efficacia e sicurezza in mesoteliomi e tumori ovarici. I ricercatori di Candiolo hanno scoperto che la mesotelina, una proteina ancorata alla membrana cellulare, può essere presente ad alti livelli anche in una parte dei tumori colorettali soprattutto nei sottotipi più aggressivi. Hanno così adottato una strategia di ‘riposizionamento’, che consiste nell’avvalersi di terapie inizialmente sviluppate per altre tipologie di tumori e sfruttarle contro il cancro al colon-retto. “Questa strategia – sottolinea Medico – si è rivelata vincente”. I tumori potenzialmente candidabili, cioè quelli che esprimono livelli alti di mesotelina, sono circa 2mila-4mila all’anno.
Nel secondo lavoro viene descritto un sofisticato circuito genetico che rende le cellule Nk ancora più intelligenti, cioè in grado di riconoscere il bersaglio del Car solo sulle cellule tumorali. “Grazie a questo circuito, la cellula killer espone il Car contro i tumori del colon solo se viene a contatto con un secondo bersaglio, l’oncogene Her2, che funge da ‘filtro selettore'”, spiega Medico. “In pratica, ciascuno dei componenti del circuito, il recettore per Her2 e il Car, riconosce il proprio bersaglio anche in tessuti normali. Ma esiste un solo caso in cui entrambi i bersagli sono presenti sulla stessa cellula ad alti livelli: i tumori del colon con Her2 amplificato. La cellula Nk così modificata può quindi pattugliare l’intero organismo rimanendo inattiva, tranne quando incontra una cellula di cancro del colon che espone Her2 amplificato”. Le nuove cellule NK ‘intelligenti’ si sono dimostrate efficaci e molto selettive in tutti i modelli sperimentali testati.
“La prospettiva applicativa, in un futuro che si spera non troppo distante, è quella di infondere cellule Nk così modificate nei pazienti il cui tumore del colon presenta entrambi i bersagli ad alti livelli. I prossimi passi da compiere saranno renderle ancora più potenti senza che perdano la selettività, in modo da colmare progressivamente il divario fra i modelli di laboratorio e il letto del paziente”, afferma Medico. Ci vorrà quindi ancora tempo e lavoro prima che il nuovo approccio arrivi in clinica.
“L’Irccs di Candiolo crede molto nella ricerca di frontiera”, conclude Anna Sapino, direttore Scientifico dell’Irccs oncologico del Piemonte. “Siamo convinti che coraggio e perseveranza siano due ingredienti fondamentali per produrre innovazione. Per cui non importa se la strada è lunga: l’importante è che la direzione sia quella giusta”. (Adnkronos Salute)