Lavoro, più occupati ma meno Pil. E il gender pay gap è ancora un problema

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La distanza tra il tasso di occupazione italiano e la media europea resta ancora significativa

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Nonostante i segnali non incoraggianti circa l’andamento del Pil, il numero degli occupati in Italia si è attestato a 23.878.000 nella media dei primi sei mesi dell’anno, con un incremento di un milione e mezzo di posti di lavoro rispetto all’anno nero della pandemia e un aumento del 4,6% rispetto al 2007. Ma la distanza tra il tasso di occupazione italiano (siamo ultimi in Europa) e la media europea resta ancora significativa: 8,9 punti percentuali in meno nel 2023. Lo rileva il 58esimo rapporto Censis sulla situazione sociale nel Paese, secondo il quale se il nostro tasso di attività fosse uguale a quello medio europeo, potremmo disporre di 3 milioni di forze di lavoro aggiuntive, e se raggiungessimo il livello europeo del tasso di occupazione, supereremmo la soglia dei 26 milioni di occupati: 3,3 milioni in più di quelli registrati nel 2023.

Gender pay gap ancora un problema

Nel 2024 l’Italia ha perso 8 posizioni nel Global Gender Gap Index del World Economic Forum, classificandosi all’87esimo posto. Questo arretramento mette in evidenza le persistenti disuguaglianze di genere, in particolare nel mondo del lavoro, dove il gender pay gap continua a rappresentare un problema significativo, spiega ancora il rapporto.

Secondo i dati dell’Inps relativi al 2022, le donne nel settore privato guadagnano in media il 30,2% in meno rispetto agli uomini, con variazioni significative a seconda delle qualifiche. Il divario salariale raggiunge il 40,5% tra gli operai, il 33,7% tra gli impiegati e rimane rilevante tra i dirigenti, sebbene si riduca al 23,2%.

Anche tra gli apprendisti, con un gap del 14,8%, emerge chiaramente come le disuguaglianze di genere si manifestino fin dalle prime fasi della carriera. Un recente studio del Censis sull’avvocatura italiana ha rivelato che il reddito medio degli uomini supera di oltre il doppio quello delle donne, con una differenza di circa 30.580 euro all’anno.

Cresce occupazione giovanile

Nell’ultimo triennio gli occupati nella fascia d’età 15-29 anni raggiungono la soglia dei 3 milioni (+206.000 dal 2019), di cui circa 1,8 milioni maschi e 1,2 milioni femmine. Il primo semestre del 2024 mostra un ulteriore aumento dello 0,4% dei giovani occupati. Di riflesso, il tasso di disoccupazione giovanile si è ridotto al 16,7% nel 2023 (5,6 punti in meno rispetto al 2019), rileva ancora il Censis.

Secondo i dati più recenti del 2024 il tasso di disoccupazione giovanile è sceso al 15,4%. Si osserva anche una contrazione del numero dei Neet under 30: 1.405.000 nel 2023, il 28,3% in meno rispetto al 2019. Secondo le stime del Censis, il costo derivante dal loro mancato inserimento nel lavoro si quantificava nel 2023 in 15,7 miliardi di euro.

140mila posti regolari negli ultimi 2 anni ma sempre più italiani

Nel 2024 il settore del lavoro domestico ha subito una crisi significativa, con una perdita di circa 140.000 posti di lavoro regolari negli ultimi due anni. Si era scesi dai 921.903 lavoratori regolari del 2014 agli 860.818 del 2019. Con la pandemia c’è stato un aumento a 950.565 lavoratori nel 2020, per poi tornare a scendere a 833.874 nel 2023. Contrazione accompagnata da un aumento dell’occupazione irregolare. Lo rileva Lo rileva il 58esimo rapporto Censis sulla situazione sociale nel Paese.

Dal 2014 al 2020 il numero di lavoratori italiani è cresciuto, passando da 216.130 a 295.300, per poi stabilizzarsi a 259.689 nel 2023. Nello stesso periodo i lavoratori stranieri sono diminuiti, passando da 705.773 nel 2014 a 574.185 nel 2023, dopo aver raggiunto un picco di 655.265 nel 2020. La maggior parte dei lavoratori stranieri si concentra nel Nord e nel Centro Italia, mentre nel Sud e nelle isole prevalgono i lavoratori italiani (circa 99.000 contro 82.000 stranieri).

Secondo una indagine del Censis, l’80% delle famiglie che hanno usufruito del click day previsto dal ‘decreto flussi’ per il settore domestico ha giudicato insufficienti le 9.500 quote disponibili, il 36,7% ha segnalato tempi di attesa troppo lunghi, il 26,7% ha lamentato problemi tecnici sul portale del Ministero dell’Interno e il 16,7% ha giudicato la procedura troppo complessa. Solo il 4,8% delle famiglie ha ritenuto efficace la procedura, mentre il 71,7% ha dichiarato di non essere a conoscenza dell’iniziativa.

 

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