Nel cuore del centro storico della cittadina medievale un’imponente ed insolita rappresentazione di tre divinità fa bella mostra di se, il tutto raggruppato in un solo monumento, che rappresenta la simbologia legata alle credenze della fede, della mitologia e delle leggende.
Austera, all’apice di un imponente base, svetta la statua di un uomo corpulento, in età adulta, posizionata prospiciente il sagrato volgendo le spalle ad oriente con lo sguardo fisso sul prospetto della chiesa di San Nicola.
Un lungo lavoro, è stato condotto dal gruppo di ricerca dell’Istituto per la Cultura Siciliana il quale si è posto l’obiettivo di sviscerare, il sovrapporsi di narrazioni storiche, che non poca confusione hanno creato sulla reale identità della rappresentazione, che incarna l’essenza storica greca, romana, medioevale, di “Randazzo e la sua tripla identità”.
A seguito di una flebile traccia pervenuta ad uno dei membri del gruppo, in visita al Museo di Storia Nazionale della Romania di Bucarest, il quale imbattutosi in una delle poche rappresentazione primordiali del Dio MITHRAS, materializzato in una scultura protagonista di un percorso culturale museale, per raccontare in continuità con i frammenti della colonna TRAIANA, la fede e le lotte per la supremazia di quella porzione dell’impero denominato la “DACIA ROMANA“.
Giuseppe Smedile e Gaetano Consalvo si sono concentrati su una approfondita ricerca documentale, con ben precisi riferimenti, delle principali rappresentazioni di questa divinità del culto pagano all’interno dell’impero Romano a partire dal I Sec. per finire intorno al IV Sec.
È emerso così fin da subito che sono pochissimi gli elementi della presenza di rappresentazioni del Dio MITRA nel territorio siciliano, protagonista di primo piano dell’impero.
Il culto misterioso di MITHRAS attecchì in quasi tutte le province dell’impero, persino le più remote come la Sicilia, governata con la massiccia presenza a Messina (nome latino) della “ Legio X Fretensis” (legione dello stretto), culto che i legionari portarono con sé al loro ritorno dall’Oriente nei territori dove i persiani veneravano il dio dei giuramenti e della verità “MIθRA”.
Importanti ritrovamenti archeologici sono:
1° SIRACUSA – L’ipogeo dedicato al culto del mitreo di Siracusa (Il mitreo era una cavità naturale o un edificio costruito per imitare una grotta) all’interno fu ritrovata una statua molto danneggiata.
Al Dio Mitra nelle vesti di “Taurista” manca la testa, quasi entrambe le braccia piene, il piede destro e il mantello. Si può ben vedere la rappresentazione della tauromachia , guardando ventre del toro e parte della sua gamba posteriore destra.
2° CATANIA – Nella città furono ritrovati frammenti di sculture in marmo relative al culto di Mitra, che probabilmente rappresentavano le scene del sacrificio .
3° TERMINI IMERESE – Non molto bene identificata è un’iscrizione nella quale viene menzionato il Sol Invictus nella Sicilia occidentale a Termini Imerese, più esattamente una dedica alla divinità solare durante il regno di Ela- gabalo.
4° MONREALE – Su uno dei capitelli del chiostro della cattedrale di Santa Maria Nuova, è ben rappresentato un il Dio Mithras, in abiti orientali con turbante sulla testa, nella classica rappresentazione della Tauromachia.
Per comprendere appieno le rappresentazioni delle divinità presenti a Randazzo, è essenziale considerare il contesto storico e geografico della città. Situata in una posizione strategica ai piedi dell’Etna, Randazzo ha una storia ricca e complessa che ha influenzato nel corso dei secoli le sue tradizioni culturali e religiose. Un lungo percorso cultuale che, se attentamente esplorato fornisce importanti chiavi di lettura per interpretare: le rappresentazioni del Dio MITHRA, il Ciclope PARACMONE e infine il VECCHIO di Randazzo.
Una imponente colonna di fattura medioevale con ornamenti in basalto lavico intagliato eleva questo monumento quasi a volerlo nascondere agli occhi di chi distratto si inoltra nei piccoli vicoli adornati di archi, bifore , trifore colonne e capitelli.
In netto contrasto con la nera pietra lavica, svetta questa figura imponente realizzata, con un accecante candore bianco tipico delle statue in marmo. (N.d.A. quest’ultima non è la statua originale, ma una copia installata nel XVIII secolo, la sostituzione fu voluta dall’abate Rotelli, il quale fece reincidere le antiche iscrizioni latine sulla base della statua, mantenendo due delle iscrizioni originali e sostituendone altre. La statua originale, fu realizzata tra 1166 e il 1189, durante il regno di Guglielmo il Buono, fu distrutta e vi sono solo pochi resti).
Un Dio nudo, che mette ben in mostra le sue fattezze, la muscolatura sembra molto tesa, il torace fa bella mostra di sé, gli addominali esageratamente evidenziati, quasi ad evocare il torace di un possente toro .
Egli racconta un passato molto remoto, un susseguirsi di culti ma anche di soprusi e persecuzioni per arrivare fino ai nostri giorni con l’affermarsi della religione Cristiana ben rappresentata nell’apoteosi della lavorazione del basalto, nella imponente facciata barocca della chiesa.
Ed ecco materializzarsi i tre elementi che questo straordinario monumento un po’ bistrattato dagli studiosi e poco approfondito dai ricercatori, ben evidenzia per raccontare la storia di un territorio da millenni abitato. Rimaneggiamenti cultuali, voluti dal nuovo credo che forzatamente si imponeva alle manifestazioni di fede pagane, ma senza per questo perdere le credenze, che puntualmente confluivano nelle nascenti nuove religioni .
AION “Αιών” MITRAICO – Il dio dalla testa di leone.
Un essere apparentemente mostruoso, ma con sembianze umane, viene da sempre rappresentato nel culto mitriaco, ai suoi piedi, in una postura addomesticata, un leone (leontocefalo), per ricordare che questo Dio in molte rappresentazioni assume le sembianze con i felini, i lineamenti del volto, nascosti da una folta barba che sembra richiamare una criniera, elementi essenziali per la rappresentazione di questo Dio.
Immancabili, nei richiami mitologici sono le ali, e gli artigli dei rapaci, espressione della voracità e rapidità del scorrere tempo.
Apparentemente tormentato nelle spire di un indomito serpente avvinghiato al corpo sembra voler mordergli i capezzoli,una chiara allusione al corso sinuoso del sole (Sol Invictus).
Rappresentazione iconografica ricca di attributi, nella mano destra, nella forma classica della Roma imperiale, sosteneva uno scettro a forma di torcia per illuminare il percorso delle sue origini, nella nuova vita terranea, un Dio venuto alla luce dalla dura roccia.
PIRACMONE E I CICLOPI
“Πῦρἄκμων”, è il nome di un Ciclope addetto a rifornire incessantemente Zeus di Fulmini. Il nome deriva dalla fusione di “Πῦρ “= fuoco e da “ἄκμων “= incudine.
I tre Ciclopi raccontati da ESIODO 700A.C. (cfr. TEOGONIA )sono, come i Titani e gli Ecatonchiri (o Centimani), figli di Urano e di Gea.
BRÒNTE ( Dio del tuono )
“Βρόντης”, era uno dei ciclopi che aiutavano Efesto a costruire i fulmini a Zeus. BRÒNTE era la personificazione del tuono), STEROPE ( dei fulmini) diversi i personaggi: “Στερόπη”, una delle Pleiadi “Στερόπης”, uno dei Ciclopi che produceva i fulmini a Zeus.
Arge Ἄργης ~Árgês”o Arges ~ PIRACMONE ( Incudine ardente)
Il primo fu Virgilio che lo chiamo PIRACMONE ma anche ACMNOIDE
“Acmŏnĭdēs”, -ae, lett. “figlio dell’incudine” da Ovidio nei Fasti.
Apollo coltivava il risentimento di vendetta, per la morte di suo figlio Asclepius, nei confronti di Zeus che lo aveva ucciso, per appagare il suo rancore uccise a sua volte i tre ciclopi e quindi anche ARGÈ~ PIRACMONE.
La mitologia racconta che la sua ombra da sempre vaga alle pendici del vulcano.
Molto rilevante, da approfondire, che quest’ultimo gigante fa riferimento la geologia con un minerale di origine vulcanica. L’ACMONIDESITE (Minerale solfato) a sua volta deriva dal Greco “ᾶκμων”, cioè àkmon, che significa incudine, per cui visto che a pochi km di distanza sorgono sue piccole cittadine BRÒNTE è RANDAZZO con un passato molto remoto, entrambi sorgono alle pendici dell’Etna su antiche colate di lava.
RANDAZZO Ù VECCHIU DEL PITRÉ
Questa tradizione, molto più recente, forzatamente imposta dalla volontà popolare, abituata da secoli alla presenza della statua, tanto da definirla: “RANDAZZO VECCHIO” detto anche “RANNAZZU U VECCHIU”.
Nel libro “Leggende popolari siciliane”. di Giuseppe Pitré , viene riportata la leggenda secondo la quale un vecchio uomo ateo, confidando sulla sua forma fisica, non si voleva convertire alla religione Cristiana, rifiutando di sottomettersi e di credere in Gesù Cristo.
Fu così che l’Onnipotente accettò la sfida e invio per intimorirlo un possente leone, per nulla intimorito di essere sbranato dalla belva “Ù VECCHIÙ ” riuscì a domare la bestia al punto che la stessa si accovacciò tra le sue gambe.
Il Padreterno decise allora di far materializzare tra le gambe del “RANDAZZESE” un enorme serpente che tentò di avvolgerne il corpo, per raggiungere il capezzolo, mordendo il quale il veleno avrebbe più facilmente raggiunto il cuore. Ma anche questa sortita fallì, il rettile rinunciò e indietreggiò strisciando, prostrandosi anch’egli ai piedi del “GIGANTE SICULO“.
Fu così che Nostro Signore decise di affidarsi a un potente rapace, il quale lo raggiunse alle spalle, librandosi silenziosamente per posarsi nelle sue spalle, una postazione strategica per colpire con il possente becco il cranio e una volta sfondato cominciò a cibarsi del cervello dell’impenitente il quale subito si ravvede e alzando il braccio destro indicò la croce della chiesa, per dichiarare la sua resa, supplicando il figlio di Dio morto crocifisso, di aver salva la vita, abiurando il suo passato, con la conseguente conversione al credo Cristiano
TRE GRANDI MOMENTI DI CULTO CHE HANNO ATTRAVERSATO I MILLENNI , RACCONTATI MAGISTRALMENTE IN UN SOLO MONUMENTO DI RANDAZZO
IL PAGANESIMO DEL DIO “MITRHAS “
LA MITOLOGIA GRECA CON “PRACMONE “
LE LEGGENDE DELLA CHIESA CRISTIANA
“ U VECCHIU”
Foto: Valeria Camarda, CC BY-SA 4.0 <https://creativecommons.org/licenses/by-sa/4.0>, via Wikimedia Commons