Il quadro politico-militare che esisteva in Unione Sovietica dopo le purghe staliniane nei confronti dei vertici militari, che avevano comportato entro il 1938 l’eliminazione fisica di oltre 1500 ufficiali superiori e l’arresto e l’internamento di altri 4500, era divenuto un serio problema per Stalin all’atto in cui si prospettò la concreta possibilità che Hitler ordinasse di invadere l’Unione Sovietica, nel mentre il suo esercito non disponeva più dei quadri superiori in grado di coordinare un contrasto militare alle armate tedesche. Per far fronte alla sopravvenuta esigenza di poter disporre di vertici militari in grado di gestire con competenza l’esercito Stalin incaricò Beria di creare una commissione che valutasse la possibilità di reintegrare chi, fra gli ufficiali superiori arrestati ed internati, desse garanzie di lealtà: dei 4500 ufficiali superiori arrestati ed internati ben 3000 furono reintegrati nei vertici dell’esercito sovietico. Nel nuovo clima che nel 1939 si instaurò in Unione Sovietica Beria delegò il Maresciallo Voroscilov, utilizzando il Servizio di Sicurezza dello Stato, di coordinare la verifica delle informazioni che i vari servizi di informazioni sovietici trasmettevano per poi rappresentarne la fondatezza ai vertici dello Stato e a Stalin; tale coordinamento, che rispondeva sostanzialmente alle interpretazioni politiche volute dal Politburo, vanificarono di fatto le preziose e puntuali informazioni acquisite dal Servizio Informazioni dell’Armata Rossa e stavano per provocare il crollo militare dell’Unione Sovietica attaccata dalle armate tedesche. Il Servizio Informazioni dell’Armata Rossa, già prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, disponeva di tre reti spionistiche in paesi stranieri: in Svizzera, in Italia ed in Giappone. Il colonnello Makov, responsabile della rete spionistica giapponese e che aveva infiltrato suoi agenti tra i collaboratori diretti del presidente del consiglio giapponese e da cui aveva assunto informazioni sui piani di Hitler, ripetutamente aveva informato il maresciallo Voroscilov che Hitler stava preparando con grande cura un’aggressione contro l’U.R.R.S., non venendo creduto. Dopo la visita di Molotov a Berlino il 12 e 13 novembre 1940 la rete spionistica italiana e la rete spionistica svizzera informarono Voroscilov che Hitler, dopo l’incontro con Molotov, molto probabilmente avrebbe deciso di aggredire l’U.R.R.S.; ma neanche in questo caso le informazioni fornite dalle reti spionistiche italiana e svizzera vennero ritenute credibili. Per smentire le informazioni trasmesse dal Servizio Informazioni dell’Armata Rossa l’ambasciatore sovietico a Berlino, Dekanozov, alla fine di dicembre del 1940 trasmetteva un documento costruito ad arte e firmato da Ribbentrop in cui si escludeva ogni possibilità di conflitto armato con l’U.R.R.S.: Stalin, così convinto, cadde nella trappola ordita dai Tedeschi. Già sei giorni prima Hitler aveva firmato la circolare n. 21, piano Barbarossa, con cui dava disposizioni sull’attacco all’U.R.R.S. Si arriva così alla prima metà del maggio 1941: a quella data la rete spionistica svizzera era riuscita ad acquisire un documento di eccezionale importanza e che costituiva una prova delle imminenti intenzioni di Hitler, una copia del processo verbale della conferenza dei generali tedeschi tenutasi il 29 aprile 1941 che aveva avuto come oggetto “l’organizzazione dello sfruttamento economico delle regioni russe”, con l’indicazione dei cinque ispettorati che sarebbero stati creati. Da parte tedesca, onde mascherare l’imminente aggressione, venne fornita la falsa informazione che i grandi preparativi sarebbero serviti solamente a ricattare l’U.R.R.S. al fine di poter ottenere maggiori disponibilità di petrolio e di materie prime. Ancora una volta Stalin credette a Dekanovoz, nonostante le proteste del generale Pavlov e nonostante che la rete spionistica giapponese avesse fatto sapere che l’attacco all’U.R.R.S. sarebbe avvenuto il 20 giugno del 1941. L’attaccò avverrà il 22 giugno 1941 solo a causa di una necessità organizzativa sopravvenuta.
Di Santi Maria Randazzo