Il potere condizionante dell’archivio dell’OVRA e delle sue 6000 casse di fascicoli nell’immediato dopoguerra

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Di Santi Maria Randazzo

Per ponderare con obiettività quale potere condizionante e/o ricattatorio possa aver avuto il possesso dell’archivio segreto dell’OVRA ad iniziare dal 1944 in poi, dobbiamo affidarci alla documentata ricostruzione storica di quella vicenda fatta da Mario J. Cereghino e Giovanni Fasanella, specificatamente nel libro “Le menti del Doppio Stato”.

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Per ben definire il contesto storico relativo alla acquisizione dell’archivio dell’OVRA, e al suo ‘riciclaggio’, da parte dei Servizi Segreti inglesi riportiamo integralmente un passo del testo citato: “Parallelamente alla riorganizzazione della massoneria sotto la diretta influenza anglosassone e allo studio del modello ‘carbonaro’ finalizzato all’assorbimento dei suoi adepti nel Deep State, Angleton e i suoi agenti riuscirono a realizzare un’altra operazione coperta di estrema delicatezza. Tra la fine del 1944 e l’inizio del 1946, riciclarono nei propri apparati la rete dell’OVRA fascista, impossessandosi del poderoso archivio allestito durante il Ventennio. Un colpo sensazionale per gli effetti che avrebbe provocato nei decenni successivi sulle vicende interne del nostro paese. Perché sarebbe stato non solo fonte di un lungo gioco di ricatti e di intossicazione della vita pubblica. Insieme a spezzoni del vecchio Battaglione 808 dei carabinieri, infatti, quel colpo avrebbe anche partorito una sorta di cabina di regia della strategia della tensione, tra la fine degli anni Sessanta e buona parte dei Settanta del novecento: il famigerato Ufficio affari riservati del ministero degli Interni, diretto per lungo tempo da Umberto Federico D’Amato.” (1)

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E fu proprio D’Amato, su incarico di James Jesus Angleton, ad agganciare nel novembre del 1944 Guido Leto, il potentissimo capo dell’OVRA, assieme a Ciro Verdiani e Vincenzo Di Stefano e a convincerli a collaborare con il SOE di Angleton al fine di acquisire gli archivi dell’OVRA. All’inizio del 1945 Leto, a cui venne affidata successivamente la custodia degli archivi, indicò al Governo Militare Alleato (GMA): “[…] l’ubicazione degli archivi integrali dell’OVRA, ‘6000 casse’. Al momento della disfatta della Rsi, 2500 erano custodite a Valdagno (Vicenza) mentre le altre 3500 erano dislocate a Venezia e a Vobarno (Brescia).” (2) Con la supervisione del maggiore Harris e del capitano Baker, Guido Leto esaminò e catalogò a Valdagno, tra il 26 aprile ed il 15 giugno 1945, migliaia di faldoni contenenti i documenti dell’OVRA. (3) Il 15 giugno Leto viene arrestato in seguito ad un ordine di cattura emesso da Pietro Nenni nella sua qualità di Alto Commissario per le sanzioni contro il fascismo e viene rinchiuso nel carcere di Regina Coeli, nel mentre Harris e Baker: “[…] continuarono alacremente a esaminare e selezionare migliaia di fascicoli. Il loro lavoro si concluse ai primi di settembre del 1945. Il 12 di quello stesso mese, un ‘treno speciale’ dei Servizi angloamericani partì da Valdagno diretto a Roma per trasportare ‘ciò che rimane degli archivi del ministero dell’Interno. Ossia, ciò che era avanzato dopo la ripulitura iniziata da Leto e conclusa dai due ufficiali britannici. […] I materiali ripuliti furono consegnati ai rappresentanti del governo italiano. Ma erano solo 167 casse”. (4) Ciò che era contenuto nelle altre 5833 casse sarà depositato negli archivi segreti britannici.

Bibliografia:

  1. Mario J. Cereghino – Giovanni Fasanella – Le Menti del Doppio Stato – Ed. Chiarelettere – Milano, 2020, p. 57.
  2. Idem – p. 58.
  3. Idem – p. 59.
  4. Idem – p.61.

 

 

 

 

 

 

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