Sicilia/Italia, la politica degli interessi ristretti

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di Salvo Barbagallo

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In Sicilia, in Italia (da questo punto di vista il territorio è “omogeneo”), è in vigore da tempo (da tempo…) la politica degli interessi ristretti. Interessi “ristretti” non nel senso di “ridotti”, ma nel significato di “limitati” ad una o a poche cerchie privilegiate. Quelle “cerchie” che sono stabilmente e opportunisticamente amalgamate con il potere di turno, o contigue o, comunque, “complici”. Si potrà dire che da mondo e mondo le cose sono andate sempre nella stessa maniera, si potrà dire che il trascorrere dei secoli, dei decenni, degli anni non ha cambiato nulla e che, probabilmente, nulla muterà in futuro. Certo, questo “tipo” di considerazione corrisponde a verità, e pertanto non c’è da stupirsi se c’è la corruzione, l’accaparramento ingordo, il clientelismo e quant’altro poi possa portare al dissesto finanziario di un Paese o di una o più regioni dello stesso Paese. E si potrà affermare, anche, che è inutile spendere parole in merito perché tanto – come detto – non cambia nulla. Ed anche questo è vero. E pur tuttavia si sente la necessità di parlare per affermare che esiste ancora una coscienza collettiva che non è cenere dispersa, ma che cova in attesa di riprendere fiamma.

Papa Francesco e gli industrialiElucubrazioni del giorno di festa? Non tanto, forse giri di parole per sostenere che questo “sistema” della politica degli interessi ristretti è troppo radicato ed è difficile smontarlo, qualora esistesse una vera volontà. Da sud a nord del Paese, dalla Sicilia all’Italia la maggior parte dei cittadini è costretta a subire condizioni di vita che diventano sempre più precarie ogni giorno che passa. Non incantano le frasi come “l’Italia è in ripresa”, “Settecentomila posti di lavoro in più”, e così via discorrendo. Il lavoro c’è veramente? Certo che c’è, ma solo per chi, in un modo o in un altro, riesce a penetrare nelle cerchie dei privilegiati. Se pure in ritardo (forse) anche Papa Francesco si è visto costretto a registrare le sperequazioni esistenti, tant’è che ha esortato gli industriali affinché la loro via maestra sia sempre la giustizia, che rifiuta le scorciatoie delle raccomandazioni e dei favoritismi, e le deviazioni pericolose della disonestà e dei facili compromessi. Anche queste parole cadranno nel vuoto? Può darsi, ma sono autorevoli parole dette e non sottintese. Piacerebbe che Papa Francesco venisse a visitare la Sicilia, magari in forma anonima, andando nei quartieri di Librino a Catania o in quelli emarginati del capoluogo regionale, là dove molti giovani si perdono nelle maglie della criminalità. E vedere che in Sicilia il futuro dei giovani è già compromesso, ma non solo a causa dei compromessi. In questa Sicilia molti che appartengono a quelle cerchie di privilegiati, quelli che detengono e usano il potere, molti di questi la domenica vanno in chiesa per la sacra messa ad ascoltare la parola di Dio. Una parola che, appena fuori dalla porta, viene dimenticata e spesa subito su altri altari, quelli degli interessi ristretti.

D’altra parte appare “logico”, a chi occupa posti di responsabilità nei confronti della collettività, esercitare anche il diritto dello spreco. Lo insegna già il premier Matteo Renzi con il suo “giocattolo” Airbus 340/500 (fino ad ora non utilizzato per missioni istituzionali) che costa allo Stato (cioè ai cittadini) quarantamila euro al giorno, come ha riferito ieri Il Fatto Quotidiano.

Allora, parlare serve a qualcosa? Noi siamo convinti che le cose vanno dette: c’è sempre qualcuno che, alla fine, ascolta. E ha la possibilità di riflettere.

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