L’Istituto per la Cultura Siciliana ha presentato Josè Russotti e le sue “Spine d’Euphorbia”

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di Luigi Asero

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Ho chiuso la mia finestra

perché non voglio udire il pianto,

ma dietro i grigi muri

altro non s’ode che il pianto. 

(Federico García Lorca)

Con questi versi il poeta Josè Russotti apre “Spine d’Euphorbia”, la sua silloge presentata sabato 20 gennaio presso i locali dell’Istituto per la Cultura Siciliana. Versi che da soli spiegano un po’ tutta la silloge, l’animo del poeta siciliano, originario di Malvagna, è intriso di venature di malinconia, di preoccupazione per il futuro, di amori passati o vissuti o sognati. “Spine d’Euphorbia” non è una serie di poesie autobiografiche, nasce piuttosto dall’osservazione della vita e, naturalmente, anche da fatti personali come i versi dedicati alla scomparsa della mamma, versi che aprono la silloge o quelli relativi alla scomparsa, prematuramente avvenuta a causa di un incidente, del papà Sebastiano, precipitato in una scarpata quando il piccolo Josè aveva appena undici anni.

Intenso il rapporto, non di sola devozione, tra il poeta e il Cristo, quel Gesù Cristo che dà forza ma che da sempre tanti interrogativi ha lasciato a noi tutti.

L’argomento predominante però, a dispetto di quanto scritto sinora in questo articolo, è l’amore. Amore per la vita, amore per il futuro. La preoccupazione non è rassegnazione, è piuttosto chiedersi come si evolverà. Perché, in fondo, solo chi ama può preoccuparsi e rattristarsi. Ma l’amore vince, su tutto. Anche quando tutto finisce perché non può esserci un nuovo inizio se non c’è prima una fine.

Ecco allora che Josè Russotti sceglie di intitolare la sua silloge, edita da “Il Convivio Editore”, come “Spine d’Euphorbia”. Cos’è l’euphorbia? Per comprendere la scelta di Russotti dobbiamo conoscere qualche nozione di botanica. Con questo termine infatti si indica una grande varietà di piante spontanee spinose ma bellissime, piante che nella sua Val d’Alcantara donano colori e dipinti naturali laddove la nera lava dell’Etna ha ricoperto il territorio.

La bellezza oltre la fine, l’eterna storia per cui “non c’è rosa senza spine”. E in fondo poteva l’amico Josè staccarsi dalla natura se nei suoi ricordi ci sono i ciuffi di una ginestra cui provò ad aggrapparsi il padre nel disperato tentativo di salvarsi? La vita va avanti, la mente annebbia i ricordi, ma la ginestra è lì a ricordare quel papà. A ogni ginestra c’è “aggrappato” un pezzo di quella vita.

Perché la vita non si distrugge, semplicemente muta.

L’incontro ben moderato da Maria Fassi, ha visto gli interventi qualificati dello stesso editore prof. Giuseppe Manitta, della professoressa Tana Cantarella e l’eccellente lettura di alcuni brani selezionati fatta da Melita Brunetto.

La poesia come inno all’amore, come inno alla vita. La poesia sunto raffinato della sicilianità.

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