Beirut: Migliaia di feriti, tanti morti. Un militare italiano fra i feriti

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Una potente esplosione ha scosso Beirut. Come mostrano alcune immagini televisive una densa colonna di fumo si alza dalla zona del porto della capitale libanese. Il bilancio aggiornato alle 22.30 parla di 50 morti e circa 2.750 feriti. Fra i feriti anche un militare italiano che prende parte alla missione Unifil, è ferito lievemente al braccio. L’esplosione è stata udita anche a Cipro, a 240 Km di distanza.

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La deflagrazione ha causato “centinaia di feriti”, ha riferito il segretario generale della Croce Rossa libanese, George Kettaneh, spiegando che al momento non è possibile indicare un “numero preciso”.

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La massiccia deflagrazione, avvenuta nella zona del porto, secondo l’agenzia di stato libanese sarebbe stata causata da un incendio in un magazzino di fuochi d’artificio. L’esplosione è stata avvertita in tutta la città, causando danni agli edifici e provocando scene di panico. Tra gli edifici danneggiati, anche il quartier generale dell’ex premier Saad Hariri, nel centro della città e l’ufficio di corrispondenza della Cnn.

La principale autostrada che costeggia la città è attualmente ricoperta di frammenti di vetro. La Croce Rossa ha riferito che oltre 30 squadre di soccorritori sono al lavoro per estrarre i corpi dalle macerie. Anche l’esercito sta fornendo supporto per trasportare i feriti negli ospedali. Poco dopo l’esplosione, sia la rete telefonica che quella Internet si sono interrotte.

Alcune notizie non confermate riferiscono però di due esplosioni, la seconda delle quali nel centro della città, nei pressi della residenza della famiglia Hariri.

Diversi media ricordano che il Tribunale speciale dell’Onu sull’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri debba a breve emettere il suo verdetto. I quattro imputati, in contumacia, sono membri delle milizie sciite filo iraniane di Hezbollah, che hanno sempre negato di avere avuto un ruolo nella morte dell’ex premier. Da mesi il Libano soffre di una gravissima crisi economica, aggravata dalla pandemia di coronavirus, con frequenti proteste e scontri tra manifestanti e polizia.

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