Agenzia Ue, terrorismo: l’Isis pianifica per la ripresa utilizzo 27mila ragazzi

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L’Isis pianifica il futuro dell’organizzazione terroristica partendo delle nuove leve. Ventisettemila ragazzi, figli di terroristi e sostenitori del gruppo ancora detenuti nei campi in Siria, 600 dei quali sono cittadini europei, e rappresentano il nuovo esercito su cui punta il Daesh per portare ancora il terrore in Occidente. L’allarme arriva dall’European Union Institute for security studies (Eu Iss), l’Agenzia dell’Unione che analizza le questioni di politica estera, di sicurezza e di difesa dell’Ue, in un rapporto su come lo Stato islamico “vede” il suo futuro.

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Un futuro che, come è già evidente da tempo, la perdita del territorio in Siria e Iraq non ha compromesso, come si legge in un articolo sul sito di ‘Ofcs Report’. L’Isis dunque si rinnova, cambia strategia e modifica anche la narrazione della jihad. Il rapporto, infatti, spiega come i terroristi abbiano riadattato il racconto della Guerra Santa in base alle circostanze. E quindi, Dabiq (la rivista di propaganda diffusa online che portava il nome del territorio dove secondo un hadith si sarebbe consumata la battaglia finale tra musulmani e bizantini con la vittoria dei primi), è diventata Rumiyah, Roma. Il prossimo obiettivo, peraltro sempre evocato durante l’occupazione in Siria e Iraq, è il centro della cristianità del mondo. Nulla di nuovo forse, ma si tratta di continui riferimenti alla profezia della conquista di Roma da parte dell’Islam.

Già l’allora portavoce dell’Isis, al-Adnani, spostò l’obiettivo futuro aggiungendo che nuovi eventi non avevano ancora avuto luogo, prolungando così la durata proprio di quel futuro che il gruppo guidato da Abu Bakr al- Baghdadi sapeva sarebbe inevitabilmente mutato. Secondo Al-Adnani, il profeta Maometto avrebbe detto: “L’ora non sarà stabilita fino a quando i romani non scenderanno su A’maq. Allora un esercito della città, tra le migliori persone della terra in quel giorno, si dirigerà verso di loro. Un terzo di loro si ritirerà e Allah non li perdonerà mai, un terzo di loro sarà ucciso e sarà il migliore dei shuhada (martiri) e un terzo di loro non affronterà mai nessuna prova e raggiungerà poi Costantinopoli e la conquisterà. Noi non facciamo la jihad per difendere una terra o per liberarla o controllarla. Non combattiamo per l’autorità o per posizioni transitorie e malandate, né per le macerie di un mondo umile e in via di estinzione. La vera sconfitta è la perdita della forza di volontà e del desiderio di combattere”.

Soprattutto l’ultimo passaggio sposta l’orizzonte temporale del gruppo terroristico all’infinito, motivando le “truppe” verso un obiettivo che non ha scadenza.

Un messaggio che si rivolge alle nuove generazioni, ovunque esse siano, a quei figli dell’Isis che il rapporto Iss individua in 27mila ragazzi detenuti nei campi della Siria, di cui 600 sono a tutti gli effetti cittadini europei perché nati da genitori residenti in Europa che hanno deciso di trasferirsi nei territori dello Stato islamico. Sono i figli dei miliziani, quelli nati nei territori del Califfato, cresciuti e addestrati solo per il jihad.

“Anche se la stragrande maggioranza sono minorenni (cioè sotto i 18 anni) – si legge nel rapporto – ciò non significa che siano automaticamente innocenti. A seconda dello Stato, l’età della responsabilità penale può essere di 12 anni in Francia o di 14 anni nella maggior parte degli altri paesi europei. Tuttavia, anche se i bambini dell’Isis non hanno commesso alcun crimine, la questione è se lo faranno. Per la maggior parte di loro, la vita con l’indottrinamento dell’Isis – anche dopo aver perso il territorio – è stata la norma. Durante il suo periodo d’oro a livello territoriale, l’Isis ha usato i bambini come spie, attaccanti suicidi e carnefici e ha fornito loro un addestramento militare. Il trauma non affrontato per aver vissuto in una zona di guerra è probabile che inciti a ulteriori comportamenti violenti”.

L’aspetto sui cui Isis sta innovando, dunque, è nel suo approccio ad una generazione ancora più giovane. E un altro bacino dal quale attingere, spiega ancora l’European Union Institute for security studies, è quello degli “adolescenti che non hanno mai vissuto sul suo territorio, sia in Europa che all’estero. In Indonesia, il suo affiliato Jamaah Ansharut Daulah (Jad) nel 2018 ha messo in scena due attacchi terroristici compiuti da bambini. In Europa, l’Isis si sta espandendo anche tra la Generazione Z. Nel 2019, la polizia britannica ha arrestato 12 ragazzi sotto i 18 anni con accuse legate al terrorismo, alcuni di questi avevano solo 14 anni”.

La pandemia da Covid-19, per Iss “ha reso questo ancora più facile per l’Isis” perché “due terzi dei bambini tra i 14 e i 17 anni e un bambino su due tra i 5 e i 13 anni, ora trascorrono più di 4 ore al giorno online”. Il tempo trascorso sui social media li espone alla mentalità dell’Isis, a immagini, video e grafiche brutali. Ma, cosa più importante, è il loro fragile stato mentale che li rende vulnerabili al reclutamento dell’Isis, avverte lo studio.

Per le forze dell‘ordine europee, evidenzia il rapporto dell’agenzia europea, questo significa che il gruppo terroristico sta assumendo una forma completamente nuova e più impegnativa. Gli attacchi terroristici potrebbero essere meno letali ma più frequenti a causa del profilo di coloro che li eseguiranno. Né i programmi di deradicalizzazione né le misure di prevenzione sono stati concepiti pensando ai bambini.

Infine, il rapporto avverte la politica europea: “La minaccia terroristica dell’Isis continuerà a rimanere un problema per i decisori in Medio Oriente e in Africa, ma anche in Europa. Anche se non è la prima linea di fuoco, l’Europa dovrà prepararsi a più attacchi. Le seguenti considerazioni dovrebbero essere tenute a mente dai responsabili politici come un modo per gestire la situazione. Accettare che la sopravvivenza dell’Isis non è condizionata dal suo status di proto-stato e sviluppare una strategia a lungo termine volta a ridurre gli effetti del reclutamento in Europa. Sviluppare capacità per individuare, monitorare e gestire la radicalizzazione precoce dei giovani. Dare priorità alla disoccupazione giovanile negli sforzi di recupero dopo il Covid-19. Attuare rapidamente la nuova legislazione dell’UE che consente la rimozione dei contenuti terroristici online. Prepararsi ad attacchi su obiettivi più ‘soft’ come ferrovie e autostrade”.

Del resto, Al-Baghdadi ha lasciato istruzioni per i suoi sostenitori sparsi nel mondo: “Il più piccolo atto che fate nelle loro terre è più amato da noi del più grande atto fatto qui; è più efficace per noi e più dannoso per loro”.

E l’appello non è rimasto inascoltato. Nel 2020, ad esempio, il rapporto evidenzia come “con l’aiuto dei suoi 300 milioni di dollari nascosti in Iraq e Siria e dei suoi 10mila combattenti, l’Isis è riuscito a mettere in scena attacchi spettacolari in entrambi gli Stati e aumentare il numero e la letalità di questi attacchi”. (AdnKronos)

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