Sciascia e la politica: una visione tra etica e speranza

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Di Santi Maria Randazzo

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Leonardo Sciascia può essere considerato, senza dubbio alcuno, un uomo politico che ha sempre mantenuta viva la sua autonomia di pensiero accostandosi a volte, senza essere mai stato un “uomo di partito”, al PCI ma sempre mantenendo la sua personalità ed autonomia di giudizio che, nel tempo, lo hanno portato a maturare giudizi estremamente critici verso la politica del PCI in Sicilia e non solo.

La diffidenza politica del PCI rispetto agli scritti di Sciascia si era ampiamente manifestata sin dal 1971 in occasione della pubblicazione del romanzo “Contesto”, nel quale Sciascia aveva, quasi profeticamente, descritto la storia della eliminazione fisica del segretario politico di un partito rivoluzionario, Amar, assieme all’ispettore Rogas che stava indagando sulle inconfessabili connessioni tra politica e affari. La coda di paglia della intellighenzia del PCI aveva ritenuto che la trama del romanzo di Sciascia fosse una evidente allusione alle intese sotterranee del PCI di allora con il sistema di potere italiano e cercarono di stroncare il lavoro di Sciascia, in particolare Mario Farinella.

Le profezie di Sciascia: nel 1973 a Sofia, Enrico Berlinguer sfuggì miracolosamente ad un attentato solo perché un traliccio fermò la sua macchina che un camion militare bulgaro aveva tentato di far cadere dall’alto di un ponte; nel 1978 Aldo Moro venne rapito e ucciso da un sodalizio di gruppi terroristici e non solo. Nel 1974 Sciascia scrive il romanzo “Todo Modo” nel quale, profeticamente immagina l’autodistruzione della D.C. e nel quale il personaggio centrale sembra ricalcare il profilo di Aldo Moro. Nel 1975 la sua posizione di liberale progressista, che lo induce a guardare con attenzione critica il PCI siciliano, lo porta a ritenere che la linea politica portata avanti dall’allora segretario regionale siciliano, Achille Occhetto, sia indicativa di una ferma volontà di rinnovamento del Partito in Sicilia: conseguentemente accetterà la proposta di Occhetto di candidarsi al consiglio comunale di Palermo dove viene eletto.

La “luna di miele politica” con il PCI dura poco: dopo 18 mesi dalla sua elezione Sciascia si dimette da consigliere comunale a Palermo e polemicamente afferma di non aver visto nessuna volontà del PCI di porre fine “all’equivoco potere della D.C.”: si era ormai entrati nella logica del “Compromesso Storico”. Nel 1978 Sciascia pubblica il libro “L’Affaire Moro”, il cui contenuto diverge dalle tesi ufficiali che spiegavano le ragioni e le dinamiche di quel sequestro e di quella uccisione: la sua posizione antisistema lo avvicina alle posizioni del Partito Radicale.

Nel 1979, sempre da indipendente, si presenta nelle liste del Partito Radicale sia alla Camera che alle europee: verrà eletto in ambedue le istituzioni e farà parte della commissione Affari Esteri e della commissione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro, dove presenterà una relazione di minoranza. Rispetto all’impatto che il sequestro Moro ebbe su Sciascia, che nell’immediatezza dell’evento non volle fare alcun commento, questi così commentò successivamente le ragioni del suo silenzio:” […] come autore di Todo Modo, rivedo nella realtà come una specie di proiezione delle cose immaginate. Per questo mi ha fatto da remora, nell’intervenire, come scrittore, anche per un senso di preoccupazione e di smarrimento nel vedere le cose immaginate verificarsi.” L’autorevolezza di cui godeva Sciascia in Parlamento può essere ben rappresentata dalle parole di Marco Boato che nel commentare le caratteristiche di sinteticità degli interventi di Sciascia in Parlamento affermava come mentre lui parlava nell’aula vi era il silenzio più assoluto e, commentava Boato, questo era un caso rarissimo in Parlamento.

Sempre nel 1979, quasi in risposta alle polemiche che erano seguite al contenuto della sua intervista a Marcelle Padovani, “La Sicilia come metafora”, in cui aveva affermato che la politica è un’attività mediocre fatta da uomini mediocri, Sciascia ebbe modo di affermare su Tuttolibri che:” […] Io mi sono sempre occupato di politica: e sempre nel senso etico. Qualcuno dirà che questa è la mia confusione o il mio errore: voler scambiare la politica con l’etica. Ma sarebbe una ben salutare confusione e un ben felice errore se gli italiani, e specialmente in questo momento, vi cadessero.”

Tra il 1979 ed il 1983 Sciascia appare come uno dei firmatari di ben 19 tra interrogazioni, interpellanze e risoluzioni che hanno interessato la sua attività alla Camera Dei Deputati

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