La settimana corta diventa proposta di legge in Parlamento

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La desiderano in molti, all’estero è già realtà, in Italia la stanno sperimentando con successo e perplessità. Quella delle ‘settimana corta’ a lavoro è una delle ultime proposte che l’opposizione, a firma di Giuseppe Conte (M5S), ha presentato in Commissione Lavoro alla Camera. La proposta, ha spiegato il leader pentastellato in diretta Facebook “è di ridurre in via sperimentale l’orario di lavoro da 40 a 32 ore a parità di retribuzione”.

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Statistiche positive dei paesi in cui è stata già adottata riportano il grado di soddisfazione dei dipendenti e il livello di produttività dell’azienda “ed ha anche vantaggi dal punto di vista ambientale”, ha continuato il leader cinque stelle.

In termini di consumi energetici e sostenibilità, infatti, si prevede che questo tipo di impostazione lavorativa sia in grado di ridurre lo smog e la circolazione di auto, almeno un giorno alla settimana in più. “L’obiettivo è fare anche dell’Italia il prossimo Paese in cui sperimentare questa riforma e siamo pronti a confrontarci, spero ci sarà un dialogo sereno con le altre forze politiche”, ha concluso Giuseppe Conte.

Vediamo insieme in cosa consiste la settimana corta e quali vantaggi apporterebbe.

Lavorare un giorno in meno: ecco perché

La settimana corta migliora la conciliabilità tra vita personale e professionale, è in grado di migliorare il benessere dei lavoratori, la wellness aziendale e proporre il tempo libero come uno dei valori aziendali.

Nella proposta di legge si ricorda che “alcuni contratti aziendali, in Italia e non soltanto, stanno già prevedendo la possibilità di articolare la prestazione lavorativa su soli quattro giorni settimanali: è una prassi ancora limitata, ma che si rispecchia nella tendenza a lasciare ai lavoratori più tempo per sé, nel rispetto della conciliazione tra vita e lavoro e soprattutto nella consapevolezza della condivisione di progetti e della valorizzazione di risultati per il benessere delle persone, per cui la responsabilità, la fiducia e l’organizzazione sono riconosciute, al pari della paga oraria, come valori economici e professionali della prestazione lavorativa stessa”.

I dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico sulle ore lavorate hanno dimostrato che, oltre un certo limite, lavorare di più comporta una drastica riduzione della produttività. Sulla base di questo assunto, si propone un miglioramento, quindi, anche delle prestazioni lavorative e, in generale, della crescita aziendale. A tale riguardo, la proposta di legge composta da sette articoli, prevede un limite massimo di spesa pari a 250 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024, 2025 e 2026 (triennio sperimentale) con incarico all’Istituto nazionale della previdenza sociale di monitorare l’andamento della spesa.

Parere favorevole dall’opposizione

Se negli altri Paesi europei come Spagna, Francia e Germania, ad esempio, è già realtà, in Italia, spiega anche la leader del Pd Elly Schlein, “non c’è alcuna iniziativa legislativa”.

“La scelta è tra il passato e il futuro – ha ammesso la leader Pd -. L’Italia è uno dei pochi paesi dove non c’è alcuna iniziativa legislativa che incentivi la sperimentazione sulla riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Lo hanno fatto in Gran Bretagna dove 61 aziende hanno ridotto l’orario di lavoro a parità di salario. Lo hanno fatto in Portogallo dove 46 aziende hanno sperimentato la settimana corta di quattro giorni. Stessa cosa in Germania, in Spagna e Belgio”.

“Noi facciamo una proposta molto semplice – ha affermato Elly Schlein su Fb -: allarghiamo il Fondo nuove competenze, cofinanziato dal Fondo sociale europeo, introducendo anche la sperimentazione della riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Scommettiamo sul modello della contrattazione collettiva tra imprese e sindacati per incentivare la settimana corta. Un fondo che aiuti chi stipula contratti per la riduzione dell’orario di lavoro attraverso un esonero contributivo del 30 per cento dei contributi previdenziali che si allarga al 40 per le prestazioni lavorative usuranti e gravose”. (Adnkronos)

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