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In edicola > Articoli pubblicati > N°13-14 2010
Le spinte della DC per mantenere la sua centralità e il suo ruolo guida in Italia
In Sicilia la DC ebbe sempre il governo della Re-gione fino agli anni Novanta, con la sola eccezione dell'esperienza di Silvio Milazzo. Quegli anni furo-no fortemente segnati dalle due grandi riforme del tempo, quella autonomista e quella agraria
Di Ernesto Girlando
Il 1953 segna l'inizio della seconda legislatura repubblicana. Alla guida del Paese, tra il '53 e il '58, si avvicendarono sei governi a formazione democristiana e centrista. Furono "anni difficili", secondo un'espressione dell'on. Amintore Fanfani, "fallimentari" per l'on. Pietro Nenni. In realtà furono anni tormentati e pericolosi, sia per la politica interna, sia per gli avvenimenti che si susseguirono sulla scena internazionale.
Le elezioni politiche del 7 giugno del 1953 erano state precedute dalle grandi polemiche per la "legge truffa". Il clima e le condizioni che avevano determinato la notevole vittoria della DC nel 1948 - l'anticomunismo più acceso, la promessa degli aiuti statunitensi, il convergere sulla DC di gran parte delle forze conservatrici - erano venuti, almeno in parte, meno. La strada per il consolidamento della DC, Alcide De Gasperi la individuò in una nuova legge maggioritaria, volta ad aumentare artificiosamente i seggi dei partiti di centro. La legge introduceva un meccanismo in base al quale i partiti "apparentati" che avessero ottenuto il 50,01% dei voti, avrebbero avuto alla Camera dei Deputati (al Senato la legge non avrebbe agito) il 65% dei seggi. La proposta era sostenuta dalla necessità di assicurare alla DC la sua centralità e il suo ruolo guida per garantire sicurezza e governabilità allo Stato. C'erano altresì motivi di ordine internazionale: gli USA e le potenze occidentali volevano essere certi che l'Italia continuasse a essere governata dalle cosiddette forze democratiche, senza sbrecciature in direzione delle Sinistre, considerate tutte filosovietiche. Tuttavia il 7 giugno, DC, PSDI, PRI e PLI non riuscirono a ottenere i voti necessari a far scattare il maggioritario. Mancarono 57.000 voti. Il Centro ottenne il 49,85% dei voti. La DC perse, rispetto al 1948, quasi due milioni di voti, passando dal 48,5% al 40%. In calo anche gli altri partiti della maggioranza. Le Sinistre, nonostante Pio XII avesse nel 1949 scomunicato i marxisti, ebbero una buona affermazione, passando dal 31% del Fronte popolare nel '48 al 35,3%. Un successo relativo ebbero anche le Destre: i neofascisti del MSI e i monarchici. I risultati elettorali ebbero la conseguenza immediata di porre fine alla leadership di De Gasperi. Nel luglio, l'ultimo governo da lui proposto non ebbe la fiducia del Parlamento.
Nella Sicilia di quegli anni, la DC ebbe sempre il governo della Regione (in verità lo ebbe fino agli anni Novanta, con la sola eccezione dell'esperienza di Silvio Milazzo). Al governo da sola nei primi tre anni dell'autonomia, la DC costituì successivamente governi di centro-destra guidati da Giuseppe Alessi prima, poi a partire dal 1950, da Franco Restivo, a cui nel '55 tolsero la scena Giuseppe La Loggia e di nuovo Giuseppe Alessi. Sono anni fortemen-te segnati dalle due grandi riforme del tempo, quella autonomista e quella agraria. Anni in cui si vissero, forse senza la necessaria consapevolezza, eventi storici, di cui i siciliani - protagonisti di quelle conquiste - nel proseguo del tempo ne smarrirono il valore e il senso. Vittorie da ricordare che, perduto il filo e la direzione, divennero parados-salmente sconfitte da dimenticare.
Sul piano internazionale, la scena è dominata dalla "guerra fredda" e dalle tensioni esasperate tra USA e URSS, che si esprimono con un intenso processo di riarmo e si riflettono sulle sanguinose guerre regionali, rendendo labili i confini della pace mondiale. La guerra di Corea è in corso con la partecipazione diretta di contingenti militari a-mericani. Nel novembre del '52 gli americani sperimentano con successo la prima bomba all'idrogeno, straordina-riamente più potente di quella usata a Hiroshima e Nagasaki. L'anno successivo, i sovietici sperimentano la loro. Nel Vietnam infuria la guerra di liberazione nazionale contro i francesi che nel '54 saranno costretti a lasciare la penisola indocinese. La guerra riprenderà lo stesso anno contro gli USA che andranno via precipitosamente nel '75. Il 5 maggio del 1955 nasce la Nato come patto militare difensivo, con la presenza a pari diritti, compreso quello di riarmarsi, della Germania. Nove giorni dopo si costituisce il Patto di Varsavia con simili intendimenti. E' del 26 luglio del '53 l'inizio della rivoluzione cubana e del novembre '54 di quella algerina. Nel '56 l'Egitto nazionalizza il Canale di Suez: Israele, Inghilterra e Francia intervengono militarmente. L'Unione Sovietica minaccia d'intervenire a sua volta a favore dell'Egitto. Sono momenti carichi d'angoscia, poi gli stati aggressori rientrano nelle loro decisioni.
Nel 1956 muore Stalin. Nello stesso anno il nuovo segretario del PCUS, Nikita Kruscev, denunzia i numerosi crimini dell'uomo di ferro. Le ripercussioni sono prevedibili: lo sbalordimento della quasi totalità dei comunisti italiani e un virulento e rinfocolato anticomunismo da parte degli altri. Di lì a poco in Ungheria scoppia una violenta insurrezione popolare che viene domata dall'intervento militare sovietico.
Di questo clima di grande tensione internazionale, la politica interna italiana non poteva non risentirne. I governi Scelba, Segni e Zoli si adoperarono per sostenere, in ogni modo e ad ogni costo, il contrattacco e la rivincita del capitalismo italiano, del padronato, come si diceva allora, nei confronti delle Sinistre e del sindacato, per preparare le condizioni del "miracolo italiano" degli anni Sessanta, di cui si avvertivano i segni, in corrispondenza del nuovo ciclo di espansione dell'economia europea. Sono anni di battaglie parlamentari e di piazza contro la politica repressiva del governo Scelba tesa a illanguidire "lo spirito della Resistenza" e a restaurare una democrazia moderata ed un regime autoritario. Tentativo che sostanzialmente non andò in porto, ma che costò molto alle Sinistre in termini di scontri politici, processi, carcere e financo morti.
Negli Iblei, gli avvenimenti nazionali e internazionali non mancarono di far sentire i loro effetti, al pari dei mo-vimenti che si opposero alla politica repressiva dei governi nazionali. Sono anni durante i quali un secolare equilibrio statico comincia a manifestare segni di rottura. La scoperta nel sottosuolo ragusano di vasti giacimenti petroli-feri rompe l'antico isolamento di questa porzione del territorio isolano e suscita vaste speranze di trasformazioni, di benessere a portata di mano, richiama flussi di popolazione dalle zone circostanti e contrae i fenomeni migratori. All'onda di entusiasmo all'insegna del petrolio, si accompagnano vaste trasformazioni agrarie, sulla spinta dei mo-vimenti di lotta per l'imponibile di manodopera, la cui onda delle conseguenze sarà lunga. Capeggiati da vari diri-genti politici e sindacali, da Feliciano Rossitto a Giacomo Cagnes, tali movimenti ebbero come conseguenza lo spezzettamento di una proprietà fondiaria, già di suo e per condizioni storiche, aliena dal latifondo, che favorirà l'acquisizione della terra da parte di coloro che la lavoravano con la conseguente nascita di un ceto di piccoli pro-prietari coltivatori diretti del loro fondo e l'innescarsi di profonde trasformazioni economiche e di dinamiche sociali che caratterizzeranno per mezzo secolo ancora le terre degli Iblei.
Inusuale e attento protagonista di quelle vicende di portata storica fu il Comune di Comiso, governato dalle Sinistre. Che poté essere tale perché fu uno tra i pochi Comuni in Sicilia che superò la fase elementare della gestione della comunità locale, quella della mera buona amministrazione, per assumere il ruolo di Ente locale autonomo espressione delle esigenze complessive della città.
Gli avvenimenti politici nazionali ebbero puntuali ripercussioni e conseguenze pesanti, negli anni tra il '53 e il '56, nell'area degli iblei. Quasi ogni manifestazione, di qualsiasi ordine, politica, sindacale, culturale, veniva boi-cottata, impedita e spesso con conseguenze giudiziarie. Nel 1954 il Prefetto illegittimamente (lo Statuto siciliano aveva da tempo soppresso Prefetti e Province sostituendoli con i Liberi Consorzi) arrivò a impedire al Comune di Comiso perfino una mostra nazionale di pittura di alto profilo artistico (il Premio Comiso) con la motivazione che il Comune non era in possesso della licenza di mercante d'arte. Per aggirare l'ostacolo il sindaco del tempo, Giacomo Cagnes, riunì la commissione comunale per il commercio e si dotò personalmente della licenza richiesta.
Ma sono anche anni di forti scontri sociali.
È in occasione di uno storico sciopero di braccianti, scalpellini ed edili, che il 20 febbraio del '56, muore nella centrale piazza di Comiso, un bracciante, Paolo Vitale, a seguito di una carica della polizia. È una delle pagine che segnò, con il sangue, la storia del movimento progressista ibleo.
Quel giorno la Piazza Fonte Diana era gremita di gente. PCI e PSI, insieme al governo della città, si erano posti il compito della conquista politica degli operai, che in gran parte erano appartenuti alla Destra. La mobilitazione era stata massima. Verso le 16 arriva a Comiso un deputato socialista, l'on. Otello Magnani, per conto dei sindacati u-nitari. Nei locali della sezione socialista tiene un'assemblea, in cui illustra i significati politici e sindacali della mobilitazione. Gran parte dei manifestanti resta accalcata fuori dalla sezione, non riesce ad entrare. La tensione era alta, il timore di uno scontro tra manifestanti e polizia era nell'aria. È probabile che da Roma erano giunte precise indicazioni di non dare spazio al movimento. Fatto è che il dott. Oliva, commissario di P.S. di Comiso, ordinò lo scioglimento dell'assembramento. Non avendo il suo ordine avuto seguito, venne ordinata la carica, che fu violenta, rapida, frastornante. L'assembramento si disperse, ma nello scontro cadde un bracciante che muore di colpo per arresto cardiaco. La notizia della morte di Paolo Vitale corse velocemente per la piazza, ricompattò i manifestanti che minacciosamente avanzarono verso la P.S.
I dirigenti politici e sindacali, tra cui Feliciano Rossitto, l'on. Salvatore Carnazzo, deputato regionale socialista, Cagnes, sindaco della città, si frapposero tra i manifestanti e la polizia per impedire il peggio. Il commissario inopinatamente ordinò una nuova carica che, di fatto, si scaricò sui corpi di quei dirigenti che stavano impendendo lo scontro diretto. Non è immaginabile cosa sarebbe successo se al sindaco della città non fosse venuta in mente l'idea di dirottare altrove i manifestanti. Raccattata a terra una bandierina tricolore gridò loro di seguirlo nei locali della Camera del Lavoro, siti nella vicina Piazza delle Erbe. Qui, mentre gli scioperanti venivano invitati alla calma e a non accettare provocazioni, una voce, rimasta ignota, urlò che erano arrivati nuovi rinforzi di polizia e che stavano massacrando nella piazza centrale i compagni. Non era vero, ma la Camera del Lavoro si svuotò all'improvviso. Mani poderose di contadini e operai svellono i rudimentali assi di legno delle baracche per l'esposizione di frutta e verdura per farne dei bastoni. Ma prodigiosamente un tuono di grande fragore e un improvviso violento acquazzone disperse tutti e riportò la calma nella piazza. Quasi un miracolo.
Tutta la stampa nazionale parlò dei fatti di Comiso e della morte di Paolo Vitale. Naturalmente con ottiche e intonazioni diverse e contrastanti.
Nei giorni successivi, la repressione non si fece attendere: 12 persone verranno denunziate, altre 10 arrestate con accuse pesanti: associazione per delinquere, resistenza aggravata, oltraggio, turbamento dell'ordine pubblico. Gli arrestati rischiavano fino a sei anni di reclusione. La solidarietà democratica, come allora si chiamava, si attivò intensa e continuativa ed andò dalla raccolta di frumento e di soldi per sostenere le famiglie degli arrestati, alla costituzione di un collegio di difesa, che vide, tra gli altri partecipare il grande penalista siciliano, il prestigioso dirigente del Movimento Indipendentista Siciliano, Antonino Varvaro. La Magistratura ragusana si mantenne all'altezza del suo ruolo di indipendenza e con una sentenza coraggiosa scagionò gli imputati dai reati più gravi, svolgendo un compito, come il resto della Magistratura italiana, di moderazione e di tutela dei diritti politici dei cittadini.
Furono anni da non dimenticare quelli tra il '53 e il '56 perché le forze democratiche, anche se a prezzi pesanti, riuscirono a far sopravvivere la democrazia politica in Italia e contribuirono a quell'ampio periodo di tregua delle tensioni internazionali, che sarà successivamente chiamato di "coesistenza pacifica".
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