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In edicola > Articoli pubblicati > N°4-5_2011
Continueremo ad arrampicarci sugli specchi per la nostra Unità?
Il 150° Anniversario è finito:
tutti restiamo felici e contenti
Immaginiamo che alla fine dell’opera, dietro le quinte, tolto il trucco dal viso, guardandoci le mani vi troviamo un pugno di mosche. Guardando con più attenzione vi troviamo anche qualche mosca che provoca la malattia del sonno, la tse tse
Di TURI CARUSO
Si va be’, durerà ancora sino alla fine del 2011, ma non continueremo ad arrampicarci sugli specchi come abbiamo fatto sin dall’inizio dell’anno.
In quest’ultimo periodo, fingendo di interessarmi delle celebrazioni in onore…, a parte l’apprezzamento per l’ottuagenario benemerito nostro Presidente che si è prodigato per rendere il genetliaco la festa degli italiani, ho notato i numerosi tentativi da parte dei media di rendere plausibili innumerevoli ragioni a sostegno dell’unità di Patria.
Non mi va di ripetere quante volte ho avvertito, attraverso la stampa, il tentativo di dire tutto e il suo contrario pur di affermare il concetto del “vogliamoci bene”; come ho avvertito il tentativo di qualche volenteroso amante di verità che si dichiarava pronto ad aprire la stura alle menzogne.
D’altra parte sarebbe soltanto relativamente facile e comodo fare della dietrologia alla ricerca delle cause che ci portarono a questa Unità.
A me è bastato sapere che se l’unità d’Italia era nei voti dei patrioti di tutta Italia, non lo era di certo negli interessi dei Piemontesi: ai Savoia non passava per l’anticamera delle loro ambizioni imbarcarsi in un conflitto generale finalizzato a liberare il territorio dal dominio degli stranieri. Per loro, per il loro particolare interesse, sarebbe stato già troppo annettersi quelle due, tre regioni del Nord e chi s’è visto s’è visto.
Se con questo chiaro di luna ci siamo sciroppati poco meno di cento anni di monarchia, è facile immaginare quanto e quale sia stato l’interesse di quei governanti nei confronti dell’ex regno delle due Sicilie sia dal punto di vista politico, sociale e, peggio ancora, economico.
Il resto, per chi ha l’età, si può chiamare cronaca; fermo restando che l’Italia si è costruita su quelle basi sabaude e in quel senso si è andati avanti sia durante il ventennio come nell’era attuale.
Ciò detto, immaginiamo che alla fine dell’opera, dietro le quinte, tolto il trucco dal viso, guardandoci le mani vi troviamo un pugno di mosche. Guardando con più attenzione vi troviamo anche qualche mosca che provoca la malattia del sonno, la tse tse.
A quel punto, il nostro attore opera su una serie di analisi degne dell’eminente maestro della psicologia dell’inconscio, C.G. Jung.
Sono emerse le seguenti considerazioni: Arte, Cultura, Intelligenza, Creatività sono le caratteristiche che ci accomunano e noi del Sud possiamo discettare a testa alta col resto della Penisola, e questa col resto dei nostri simili del Globo. (Tutto ciò richiama l’Italia dei patrioti).
Tuttavia, i conti non tornano più se dal pensiero teorico scendiamo al pratico: su questo piano diventiamo lenti come se avessimo la palla al piede e non riusciamo ad afferrare la maniglia dello sportello del treno. Ne rallentiamo la corsa e cosi è sino al limite delle rotaie che confinano col Lazio.
Per dirla chiara, consumiamo troppo e produciamo poco: è come se consumassimo anche del pranzo altrui portando poco di nostro in tavola.
In questo istante, sento che le suscettibilità nostrane cominciano ad agitarci. Allora è d’obbligo chiarirci subito, e questo è il nocciolo del discorso. Se festeggiare l’anniversario ecc. può essere una presa in giro per molti, noi, per non restare con un pugno di mosche in mano, dovremmo fare un atto di Coraggio per sentirci Patrioti di noi stessi innanzi tutto e poi anche patrioti desiderosi dell’unità d’Italia.
In certi casi, si può dire e dimostrare di tutto e il suo contrario: il dato oggettivo è che siamo dei consumatori cattivi pagatori.
La mosca del sonno è appropriata perché sembra che dormiamo senza riuscire a scuoterci da dosso una cappa che non ci permette di svegliarci dal sonno della mente.
Eppure a taluno potrebbe sembrare tanto semplice, a condizione che noi tutti, dal primo all’ultimo chiodo del carro, riuscissimo a dare un vero, serio colpo di reni, armarci del più elementare principio umano: la volontà di fare, ciascuno nel nostro piccolo, il dovuto senza aspettarci grazie, favori, protezioni, sovvenzioni e quant’altro; quindi imparare sul nostro groppone che ciò che ci siamo guadagnati ci è dovuto perché lo meritiamo!
Ora comincia la china: sappiamo chiedere o pretendere ciò che ci è dovuto, come servizi efficienti, strutture sanitarie dignitose, infrastrutture adeguate e coerenti coi bisogni della collettività; ma soprattutto, e questo è un altro passaggio essenziale, impariamo a scegliere i nostri governanti sia locali, provinciali che regionali. Si tratta di una conseguenza logica perché, sapendo cosa bisogna fare e come si fatica per ottenere qualche cosa, ciascuno nel nostro piccolo, capiremmo perfettamente ciò di cui abbiamo bisogno e chi è in grado di accontentarci.
Costui o, meglio, costoro non avrebbero più la possibilità di gestire la cosa pubblica a vantaggio dei propri interessi o di quelli delle rispettive cricche perché sarebbero subito scoperti e defenestrati alle prossime elezioni. Questa si chiama Democrazia. E una corretta democrazia nasce da una corretta impostazione della propria vita!
Ritornando al centocinquantesimo ecc., questo sembra il modo migliore di celebrarlo e uscire una volta per tutte dalle pastoie del familismo, del clientelismo, del servilismo e di tutti gli “ismi” di questa natura.
A noi non interessano più o non dovrebbero interessare più le chiacchiere dalle quali la maggior parte dei cittadini escono contenti e gabbati: non è una novità che i furbi, gli accaparratori di voti, di affari e di sostanze altrui sono spesso i migliori sofisti!
Possiamo uscire da questo stato di fatto, sederci a tavola portando del nostro e se si dà il caso anche di più per noi e per gli altri, solo se siamo noi che lo vogliamo veramente e solo se capiamo che nel conto dobbiamo mettere una buona dose di vera sofferenza, quella che ci insegna ad essere esigenti con noi e con gli altri. Queste, a mio avviso, sono le condizioni che ci permetteranno di uscirne a testa alta.
Rendiamoci conto che il famoso detto, che tra l’altro credo sia nato da noi, in Sicilia: ”u pisci feti da testa” è valido a patto che il resto del corpo sia sano!
Per finire, il saluto che mi viene immediato e commosso è: VIVA LA TRINACRIA!
T.C.
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