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In edicola > Articoli pubblicati > N°2-3_2011
L'emergenza clandestini e il modo di vedere l'isola da parte di chi governa a Roma
Toccata e fuga di Berlusconi e Maroni
in Sicilia per la “crisi” tunisina
Si vorrebbero ospitare gli immigrati in un lussuoso residence già abitato dalle famiglie del personale militare Usa di Sigonella. E piovono già le proteste
di Marco Di Salvo
In un quindici febbraio di fuoco e che forse resterà negli annali della storia politico-giudiziaria del nostro paese, il Presidente del Consiglio ha fatto una breve tappa in Sicilia. Nessun Ponte di Messina da inaugurare, né nuove autostrade (men che meno raddoppi della linea ferroviaria). No, Silvio Berlusconi il quindici febbraio è venuto in Sicilia, più precisamente a Mineo, per un sopralluogo a una possibile struttura di accoglienza per le migliaia di nordafricani che stanno giungendo sulle coste della nostra isola, in fuga dai loro Paesi in rivolta. (e, chissà, magari anche per allontanarsi, geograficamente, il più possibile dal Tribunale di Milano da dove piovevano riti immediati).
Un villaggio ancora occupato
Dopo un breve giro nelle strutture (il complesso visitato da Berlusconi e Maroni è il “residence degli Aranci”) il rientro a tutta velocità a Roma, senza fermarsi alla conferenza stampa (alla quale era prevista la sua presenza) e lasciando il solo ministro dell'Interno Roberto Maroni a discutere con i giornalisti sulle misure straordinarie in via di assestamento per fare fronte all'emergenza clandestini.
Già superando le dichiarazioni di facciata, si scopre che la suddetta struttura di proprietà di un'impresa italiana, è attualmente concessa in affitto al governo americano e fino a poco tempo fa ospitava militari e loro familiari in servizio nella base Usa di Sigonella. Il contratto di locazione dovrebbe scadere il 31 marzo prossimo (il condizionale è d'obbligo). Potrebbe essere «il villaggio della solidarietà» in grado di coniugare «qualità e sicurezza», secondo la valutazione espressa dal premier (altro condizionale). Secondo quanto hanno riferito alcune persone presenti, Berlusconi «deciderà nei prossimi giorni» sull'utilizzo della struttura. E quindi a che è servito questo viaggio improvviso? Ma torniamo all'altro protagonista della vicenda, il ministro dell'Interno.
Maroni, i rifugiati e l'Europa: una vera emergenza?
Emergenza, una bella parola, sfruttabile in ogni contesto e che serve soprattutto a delegare ad altri le proprie responsabilità. Una parola che l'attuale governo ha messo in campo molto spesso e non sempre con risultati alla fine apprezzabili (se non per l'immediata apertura dei cordoni della borsa e la sospensione di qualsiasi controllo su come questi vengano spesi). Poi se oltre all'emergenza si unisce l'altra parolina magica “Europa”, il gioco è fatto. Su queste due parole si è giocata nei giorni a cavallo di San Valentino una vera e propria offensiva mediatica del responsabile del Viminale. Maroni è andato fin da Fabio Fazio per ribadire che le responsabilità della crisi sbarchi dalla Tunisia, non erano a lui imputabili ma “all'Europa” sorda ai richiami italiani. Ma basta studiare bene le cronache asfittiche dei media nazionali per scoprire che tutto ciò è poco meno che una bugia buona per lavarsi la coscienza.
La campagna stampa del ministro dell'Interno
Maroni comincia a parlare della vicenda appena prende atto della ripresa degli sbarchi a Lampedusa e tra le sue prime dichiarazioni spiccano per lungimiranza una che mette in guardia dall'arrivo di possibile “terroristi” tra i rifugiati e un'altra che è di quelle che fanno tremare i polsi: “il Cie di Lampedusa non riaprirà mai”. Dopo due giorni, e sulla spinta degli arrivi è costretto a capitolare e a riaprire il Centro di Identificazione ed Espulsione (che già dal nome avrebbe dovuto prefigurare una veloce attività di rimpatrio. Per informazioni chiedere a quegli immigrati che da lì sono passati. E anche a chi ci ha lavorato). Tutto questo avviene tra l'undici e il tredici febbraio (quando Maroni fa l'ospitata a “Che tempo che fa” che citavamo prima).
Nel frattempo nessun esponente del governo chiede agli organi comunitari preposti un intervento. Anzi, comincia un botta e risposta tra l'Unione europea e lo stesso ministro. Maroni aveva accusato l'Ue di non fare nulla per aiutare l'Italia. Il commissario europeo per gli Affari interni, Cecilia Malmstrom, aveva replicato sorpresa: «Sabato sono stata personalmente in contatto con le autorità italiane alle quali ho chiesto se avessero bisogno del nostro aiuto, Ma la loro risposta è stata chiara: no, grazie». Poi il nuovo intervento di Maroni: «Non è vero che l'Italia ha rifiutato l'aiuto».
Insomma, per dirla alla milanese “un casino della Madonna”. Fino alla telefonata, nella serata di San Valentino, di Berlusconi al presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy . «Berlusconi - recitava una nota di Palazzo Chigi - ha illustrato la criticità della situazione, sottolineando che si tratta di un'emergenza che riguarda l'intera Unione europea e, quindi, come tale dev'essere affrontata». Novantasei ore. Un tempo che, se la situazione è un'emergenza, è vitale.
La distrazione del ministro
Evidentemente il ministro Maroni nelle scorse settimane (all'incirca dalla metà di dicembre dello scorso anno) ha avuto altro da fare. Perché solo così si spiega la sua distrazione nei confronti di quello che è accaduto e sta continuando ad accadere nella costa sud del Mediterraneo. Forse si è sentito rassicurato dalle parole concilianti del suo collega di governo, il ministro degli Esteri Frattini, che ha gettato acqua sul fuoco, sia in interventi in Parlamento che sulla sua pagina Facebook, nei quali preconizzava la tranquilla uscita sia dalla crisi tunisina che da quella egiziana (ottimo profeta). Sta di fatto che un governo degno di questo nome avrebbe potuto mettere in campo delle strategie che anticipassero le eventuali emergenze (si chiama prevenzione, ma evidentemente non fa rima con crisi). Nulla di questo è stato fatto. Ma non tutti i mali vengono per nuocere. Maroni sa come si risolvono le emergenze. E infatti è stato prontissimo a chiedere cento milioni di euro all'Europa per fronteggiare gli sbarchi. Chissà se i fessi europei ci cascheranno e allargheranno i cordoni della borsa?
E la Sicilia? Fa da fondale scenografico
In tutto questo la nostra isola non è che un punto di passaggio. Degli immigrati che certo non sbarcano qui per restarci, dei politici nazionali che vengono qui a fare passerella (per distrarre i media) e resta come un fondale scenografico. Tant'è che, tanto per non andare troppo lontano, neanche il sindaco di Mineo sapeva “dell'improvvisata” di Berlusconi e c. (non avrebbe fatto mancare qualche pastarella e doni di vario genere. Noi sì che siamo ospitali) .Giuseppe Castania, primo cittadino di Mineo, ha ammesso ai vari giornalisti presenti «l'amarezza per non essere stato invitato ufficialmente all'iniziativa». «In tutta sincerità - ha ulteriormente affermato - la nostra gente è in allarme.
Già la nostra economia è in ginocchio e attorno a questo residence ci sono aziende di agrumi e molti agriturismi che durante il periodo di bassa stagione subiscono frutti e saccheggi. Se a tutto questo dovesse aggiungersi un ulteriore potenziale pericolo, allora la gente rischierebbe di non andare più nei fondi agricoli. Siamo sinceramente preoccupati e vorremmo quindi delle rassicurazioni, che sicuramente nelle prossime ore o nei prossimi giorni le autorità non mancheranno di fornirci». Attenda, signor sindaco, le faranno sapere sicuramente...
M.d.S.
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